dall’inviato
Lussemburgo – L’Italia fa paura. Rischia di diventare motivo di una nuova crisi dell’eurozona, se non cambia la propria manovra. Ma il governo Conte non farà marcia-indietro. La tensione tra Italia e partner europei raggiunge l’apice delle tensione in un botta e risposta a distanza tra il presidente dell’esecutivo comunitario, Jean-Claude Juncker, e il ministro dell’Economia, Giovanni Tria. A Friburgo parla il primo, à Lussemburgo si trova il secondo. Tria deve convincere in tutti i modi i partner della sostenibilità di una manovra economica considerata come contraria alle regole, ma mentre il ministro tenta – senza riuscirsi, per la verità – di convincere i ministri economici dell’eurozona, Juncker paragona la Repubblica italiana alla Repubblica ellenica.
“L’Italia si sta allontanando dagli obiettivi di bilancio concordati. Non vorrei che dopo aver gestito la difficile crisi della Grecia ci trovassimo in un’altra crisi della Grecia, questa volta in Italia”, scandisce Juncker, convinto che la politica di bilancio voluta dal governo Lega-5Stelle vada troppo oltre il consentito e il negoziabile. Si tratta di “impedire che l’Italia ottenga un trattamento speciale per sé, che se fosse preteso da tutti determinerebbe la fine dell’euro. Per questo – chiosa Juncker – dobbiamo essere rigorosi”, ed essere certi che l’Italia non faccia altro debito.
“Non ci sarà nessuna fine dell’euro”, risponde a stretto giro il titolare del dicastero di via XX settembre, al termine degli incontri bilaterali con i commissari per l’Euro e per Affari economici. “Ho parlato con Dombrovskis e Moscovici, non con Juncker”. A quest’ultimo Tria risponde come ai suoi commissari: indietro non si torna. L’obiettivo di rapporto deficit/Pil resta quello stabilito a palazzo Chigi. “Il 2,4% non corrisponde esattamente ad alcune delle regole europee, ma fa parte della normale storia europea. Il numero di Paesi membri che rispetta tutte le regole comunitarie è piccolissimo. Questo non vuol dire che le regole non vadano rispettate, ma bisogna tenere conto del contesto”.
Tria tiene il punto, e il governo Conte con lui. Più che i numeri “bisogna vedere la qualità della manovra”, che in Italia si ritiene fattibile. “E’ una manovra che punta alla crescita”. Poi, “se vinciamo la scommessa della crescita tutto bene, altrimenti cambiamo, come sempre” in questi casi. Parole che però rischiano di sortire l’effetto contrario. Parlare di scommesse in cui tutti si pongono domande circa l’affidabilità del Paese non è proprio il massimo della scelta linguistica. Anche evocare scenari da Grecia, però, non è proprio indice di massima cautela. E’ però un chiaro segno del nervosismo che c’è attorno all’Italia.