Bruxelles – Il referendum sull’accordo con la Grecia per il cambio del nome della Macedonia è stato un fallimento: non si è infatti raggiunto il quorum del 50 percento più uno, necessario per validare la consultazione. L’affluenza è stata del solo 36 percento; in ogni caso, essendo il referendum consultivo, il risultato non sarebbe stato vincolante. Una cosa non può essere ignorata: il 91 percento dei macedoni che si sono recati alle urne ha votato a favore del cambio del nome.
Il premier macedone Zoran Zaev, europeista convinto, lo scorso 13 settembre aveva tenuto un discorso al Parlamento europeo in cui aveva mostrato fiducia e speranza nel referendum di ieri, il cui quesito era: “Sei favorevole a entrare nella Nato e nella Unione Europea, e accetti l’accordo tra Repubblica di Macedonia e Grecia?”.
Non si è mostrato però scoraggiato il primo ministro, pur avendo subito una sconfitta politica, affermando anzi che è stato “un referendum di successo”, in cui “la maggioranza dei cittadini ha votato sì. Parleremo con i nostri avversari in parlamento, e se avremo la maggioranza dei due terzi per le modifiche costituzionali andremo avanti con l’attuazione dell’accordo con la Grecia. Se non l’avremo andremo presto ad elezioni anticipate”, ha dichiarato, ritenendo che possano tenersi già il prossimo novembre. “Non c’è alternativa all’adesione della Macedonia a Ue e Nato”, ha aggiunto. Dall’altra parte, l’opposizione conservatrice esulta e festeggia con slogan antigovernativi in piazza a Skopje.
Il presidente nazionalista Gjorgje Ivanov ritiene che l’accordo con la Grecia rappresenti una “violazione della sovranità” nazionale macedone e una capitolazione di fronte agli interessi greci. “Questa è la Macedonia, qui vivono i macedoni, la nostra identità è quella macedone, la nostra lingua è il macedone, i nostri antenati erano macedoni”, ha affermato dopo il risultato Hristijan Mickoski, leader del partito conservatore all’opposizione Vmro-Dpmne. Riguardo all’ipotesi di elezioni politiche anticipate poi, il leader dell’opposizione ha invitato Zaev a prepararsi alla “pensione politica”.
Riguardo alle prossime votazioni in Parlamento sull’accordo con Atene, che richiedono una maggioranza dei due terzi, è difficile fare pronostici; certo è che il mancato raggiungimento del quorum, al momento, ha lasciato l’amaro in bocca a quanti speravano in una maggiore legittimazione popolare, e la sua validità avrebbe aiutato la maggioranza a trovare i due terzi dei voti. Zaev, in proposito, ha invitato l’opposizione a lasciare da parte gli interessi personali e il partito.
L’Unione europea sottolinea il consenso espresso da coloro che hanno votato: “In un voto pacifico e democratico – dicono la vice presidente della Commissione Federica Mogherini e il commissario all’allargamento Johannes Hahn – la stragrande maggioranza di coloro che hanno esercitato il proprio diritto di voto ha dichiarato sì all’accordo di Prespa sulla questione del nome e sul loro percorso europeo”. Ora la parola passa al Parlamento, e Bruxelles evidenzia che “questa è un’opportunità storica non solo per la riconciliazione nella regione, ma anche per far avanzare decisamente il paese nel suo percorso dell’Unione europea. Spetta a tutti gli attori politici e istituzionali agire ora all’interno delle loro responsabilità costituzionali al di là delle linee politiche del partito. L’Unione europea continuerà a sostenere e accompagnare pienamente il paese, le sue istituzioni e tutti i suoi cittadini”.
“Il parlamento macedone deve ora decidere come affrontare questo risultato”, ha affermato l’europarlamentare dei Verdi/Efa Sven Giegold. “Molti giovani macedoni sperano in un futuro migliore in Europa, e i negoziati di adesione all’Ue dovrebbero poter iniziare il prossimo anno, come previsto”. Per Giegold sarebbe in effetti economicamente e politicamente “tragico” per la Grecia e la Macedonia, se la soluzione trovata nella controversia sui nomi fallisse. “Angela Merkel ha dato il sostegno agli europeisti in Macedonia, e ora l’Epp dovrebbe fare lo stesso. Il futuro europeo della Macedonia non può essere ostacolato da una disputa bilaterale”, ha concluso.