Roma – Almeno un risultato la votazione di Strasburgo sul copyright lo ha raggiunto. L’ufficio di Antonio Tajani, presidente dell’Europarlamento, non sarà più assediato dalle telefonate e dallo spam di mail che, come ha confessato egli stesso, negli ultimi tre giorni non hanno fatto lavorare né lui né i suoi collaboratori. Non è dato sapere chi cercasse insistentemente l’esponete di Forza Italia ma sicuramente dall’altra parte della cornetta ci saranno stati equamente i favorevoli alla direttiva approvata oggi e gli acerrimi nemici.
Chissà se tra i tanti che hanno tentato di contattare Tajani non ci fosse anche il vicepremier Luigi Di Maio, fiero oppositore del provvedimento. Con il grillino tanti altri visto che gli eurodeputati della Lega e del M5S all’Europarlamento hanno votato compatti contro la
proposta di riforma. A favore si è invece espressa la maggioranza dei Popolari (Ppe) e dei Socialisti e Democratici (S&D). Spaccature si sono poi registrate nel gruppo dei Liberali (Alde), dell’Ecr e nell’Efdd, di cui fanno parte gli eurodeputati pentastellati. Anche il gruppo delle destre Enf (di cui fa parte la Lega) si e’ spaccato, mentre la maggioranza dei Verdi ha votato contro la riforma.
Come che sia, la tensione per le norme approvate, che nelle intenzioni di Tajani e delle altre centinaia di eurodeputati serve per mettere un freno al far west digitale, è salita subito alle stelle. E sono stati proprio Di Maio e Tajani i protagonisti principali che se lo sono date di santa ragione, rigorosamente via… social.
“Una vergogna per tutta Europea”, ha tuonato il vicepremier, accusando il Parlamento di aver “introdotto la censura dei contenuti degli utenti su Internet”, precipitando gli internauti in “uno
scenario da Grande Fratello di Orwell”. Di Maio ha promesso battaglia dura assicurando che alla prossima votazione d’Aula il provvedimento sarà bocciato.
Risentito, Tajani ha subito risposto per le rime chiedendo al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di “prendere immediatamente le distanze” dal suo vicepremier reo di “dichiarazioni infamanti” contro l’Europarlamento. “Minacciare l’unica istituzione Ue direttamente eletta dai cittadini è da analfabeti della democrazia”. La prossima volta forse si tornerà a un sano, per quanto antiquato visti i tempi, litigio telefonico.