Bruxelles – Analizzare i dati storici di chi passava sul ponte Morandi di Genova avrebbe potuto aiutare a capire meglio i rischi di stabilità. “Non che io abbia nulla da dire sui controlli che sono stati eseguiti, non è di mia competenza, ma la potenza dei dati che lanciamo on line può servire anche a cose come questa”. Giovanni Buttarelli, Garante europeo della Privacy, è uno dei più grandi esperti a livello mondiale di questo tema, e, dopo aver personalmente scritto le basi della legislazione italiana in materia, dal 2014 è a Bruxelles, dove quest’anno, dal 22 al 26 ottobre, si svolgerà la quarantesima Conferenza internazionale delle autorità di protezione della Privacy. Buttarelli ha candidato il suo ufficio per tenere quest’evento, ed ha vinto con un progetto che si intitola “Discutendo di etica: dignità e rispetto in una vita guidata dai dati”.
E’ “un passo nella chiave della dignità, come utente io non mi sento più rispettato perché non sono più padrone del mio contesto, e perché in cambio dei dati che metto a disposizione non ho niente”, spiega Buttarelli in questa intervista concessa a Eunews, nella quale ammonisce che “tra pochi mesi sarà micidiale quanto le grandi società di dati ci conosceranno e il controllo che potranno avere su di noi, creando disparità che non immaginiamo, come fissare per un bene un prezzo ottimizzato per ottenere il massimo da una persona, che non è necessariamente lo stesso prezzo per tutti”.
Eunews – Andiamo con ordine. Perché discutere di etica per quattro giorni, in un contesto come quello europeo, dove alla base di ogni regolazione ci sono le leggi, dove la ricerca della “base legale” è il fondamento per qualsiasi decisione. L’etica non rischia di diventare un elemento manipolabile, mutevole?
Buttarelli – La quarta rivoluzione industriale, l’internet delle cose, i dati che vengono raccolti on line, pongono questioni che non possono essere risolte solo da un approccio regolatorio, anche se tutti poi rispettassero le regole al cento per cento molte tematiche di antitrust, di privacy, di diritti dei consumatori resterebbero irrisolte. La società futura, che nel nostro evento cercheremo di immaginare a 15 anni da oggi, sarà molto diversa, con problemi adesso sconosciuti su temi come le sovranità nazionali, i diritti collettivi, la democrazia, anche elettorale. Il potere informativo è in mano a poche organizzazioni, ma cosa ritorna, che beneficio ne hanno la società ed i singoli cittadini che son lì che forniscono un bene preziosissimo, inestimabile. Si useranno dati per fare business, che può anche andar bene, che si può anche regolare, ma se si condiziona lo sviluppo della società ad esempio negli scontri elettorali, violando il principio della parità delle armi, dando un potere enorme a poche compagnie…”.
E – Insomma, un conto è vendere una pentola e poi un mestolo, ma se si possono condizionare le scelte politiche o ideali dei cittadini il discorso è diverso.
B – E’ molto diverso. In Cina si sta procedendo in alcune zone ad una accumulazione forzosa di dati sulle persone, con informazioni fornite da vicini, colleghi. Le autorità vogliono avere strumenti per decidere chi premiare, e chi no. Ecco, ora lo fanno in Cina, e con strumenti soprattutto ‘manuali’, ma la Cina si sta affermando come la nuova Silicon Valley, la più avanzata nel mondo, che tra breve esploderà. Come si comporteranno con i dati che avranno? O in India, dove si collezionano i dati biometrici di tutti i cittadini, o in Islanda dove si fanno catalogazioni simili. La tecnologia permette e permetterà cose impensabili, ad esempio un giudice potrà decidere che sanzione irrogare in base ad un algoritmo che valuta la pericolosità sociale dell’individuo, le probabilità di reiterazione del reato. Gli algoritmi possono agire su tutto. Ci sono regole sui dati, ma è facile avere il consenso al loro utilizzo perché, ad esempio, se non acconsenti non puoi avere Facebook, e allora sei fuori da un giro. Se voglio stare in una comunità devo accettare le regole, che però permettono un’analisi davvero capillare su di me. Ecco, il nostro evento è su questo, dobbiamo capire se questa dimensione, diversa da quella puramente legislativa, ci interessa, e o mi rispondo: ‘sì”.
E – L’etica non è un approccio condiviso?
B – Alcune imprese lo vedono come un elemento che può servire a rendere le regole meno prescrittive, altri temono che le possa rendere meno efficaci. Il mondo della Giustizia è a favore, c’è un legame tra etica e legge. Qualcuno invece teme che si aggiungano altre regole oltre a quelle disposte dalle leggi. Per questo il dibattito è utile, e mi auguro che queste quasi mille persone, che da 81 paesi verranno alla nostra Conferenza tornino a casa pensando ‘sì, è stato un viaggio utile’. Anche perché avremo anche una parte di conferenza a porte chiuse dove parleremo di intelligenza artificiale, perché questo è un campo che richiede che noi si condivida con chi progetta, perché la privacy sia ‘incorporata’ fin da subito, altrimenti è troppo tardi. Insegnare ad una macchina a guida autonoma che si attraversa quando è verde e ci si ferma quando è rosso non basta, si devono considerare altri elementi come: che fare se appare un bambino quando è rosso? O se un anziano tarda a finire l’attraversamento, o se una palla capita in mezzo alla via? Ci si ferma o no? Solo un semaforo non basta come informazione, e questo è tanto più importante in quanto tra breve il dialogo sarà sempre più tra macchine, col nostro telefonino in tasca apriremo porte o avvieremo le auto, o pagheremo, con predefinizioni che non controlliamo del tutto. Ora si accumulano tante informazioni, che poi si possono usare in molti modi diversi”.
E – Tutte queste applicazioni porteranno guadagni a qualcuno, le aziende già ora guadagnano anche solo controllando i nostri dati…
B – Ma io cosa ho in cambio dei dati che ti prendi? Questo è anche un problema. Lo scienziato informatico è filosofo statunitense Jaron Lanier sostiene che dovremmo esser pagati per ogni ‘citazione’ che si fa di un nostro dato, ogni volta che si vende una pubblicità mirata su Facebook ad esempio ci dovrebbe essere uno zero virgola di pagamento anche per me. Ci sono problemi grandi poi di concorrenza, e per questo avremo tra noi la commissaria europea Vestager, e Tim Berners-Lee, l’inventore del World Wide Web, che proporrà un nuovo protocollo della rete che sia meno centralizzato. Le domande che ci porremo son tante, dai whistleblowers, sono etici, o sono dei traditori? O sul se è giusto che i bambini adottati possano sapere chi sono i loro genitori,se magari solo in alcuni casi per ragioni mediche, se sempre, se mai… Tante questioni non hanno una risposta che è riducibile a un ‘sì’ o a un ‘no’, dove non c’è solo una soluzione legale. Il nuovo mondo che arriverà tra poco richiederà questo tipo di valutazioni e noi dobbiamo capire se e quanto è competenza di noi garanti”.
E – E poi sta arrivando anche il 5G, una rete straordinariamente veloce che però non è solo questo, è la possibilità di realizzare processi che oggi in tanti neanche immaginiamo.
B – Sarà un bel salto avanti (prima che arrivi il 6G, e poi il 7G e così via) , naturalmente non ho nulla contro, non voglio fermare l’innovazione, ma certamente aumenterà i rischi sulla protezione dei dati personali. Dovremo capire quali nuove funzioni saranno disponibili, sarà un po’ come fu il passaggio dal telefono a disco a quello digitale, con tutte le allora impensate novità che portò. Si porrà il problema delle nuove precauzioni, ma magari basteranno le vecchie regole a dare le garanzie necessarie.
E – Infine un tema inevitabile, il nuovo regolamento sulla protezione dei dati. L’Italia la scorsa settimana si è data le sue norme applicative, che prevedono che il garante individui modalità semplificate per le Pmi. Cosa ne pensa lei, fino a dove potrà spingere il regolatore italiano?
B – In Senato, durante un’audizione, ho espresso le mie preoccupazioni sulla bozza di decreto italiano. Al momento per innumerevoli ragioni, la Commissione europea si è riservata il giudizio sul testo appena adottato. Mi riservo anch’io un breve periodo di riflessione sul testo approvato. Mi sembra però si sia voluto fare un po’ troppo di corsa… Ad esempio l’approccio tailor made per le Pmi, le partite Iva, è necessario, lo feci presente io stesso in Senato, ma in realtà una previsione ‘nazionale’ non serviva perché già il Gdpr lo prevede. Ora il Garante italiano potrà individuare buone pratiche per le Pmi, per esempio aiutandole ad evitare di incappare in ‘consulenti’ che offrono servizi a costi sproporzionati rispetto alle esigente di un singolo commerciante, come sta succedendo”.