Bruxelles – L’Europa ostaggio dell’Ungheria. Il Parlamento Ue è chiamato a decidere se avviare le procedure che possono portare alla sospensione del diritto di voto del governo dell’est in seno al Consiglio. Dati i numeri richiesti – maggioranza a due terzi – alla fine è probabile che non succederà niente. Nel frattempo accadrà un po’ di tutto.
Ci sarà Viktor Orban, tanto per cominciare. La presenza del primo ministro ungherese alla sessione plenaria non era prevista. Dato il dibattito in Aula sulla situazione nel Paese di cui è primo ministro, ha chiesto e ottenuto di poter prendere parte ai lavori. Orban parlerà agli europarlamentari martedì 11, il giorno prima del voto. Un tentativo di difesa, un’arringa a sostegno delle politiche nazionali che lontano, vale a dire da Bruxelles e Strasburgo, non si possono capire. Copione già scritto, tanto che tra gli europarlamentari c’è qualcuno che già parla di “show”. I più cattivi leggono invece la presenza di Orban non già come tentativo di una difesa legittima ma più come pressione sui parlamentari, questa meno legittima.
I parlamentari sono, ovviamente, la vera chiave di tutto. Judit Sargentini (Verdi), relatrice del testo che chiede sanzioni contro il governo Orban per le violazioni dello stato di diritto, sostiene che “con maggioranza normale non ci sarebbe problema”. Vuol dire che si rischia di avere un Parlamento europeo pronto a bocciare le politiche ungheresi, ma non in modo da avviare le procedure per una sanzione. Una maggioranza contro un governo di uno Stato membro, ma non dei due terzi. Anche questo sarebbe comunque un messaggio politico, semmai dovesse arrivare.
Arriva, eccome, il messaggio di Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea a cui Orban ruberà la scena a Strasburgo, parlando ventiquattro ore prima del lussemburghese. Juncker, una vita nel Partito popolare europeo, ammette senza problema che “sì, per il Ppe è un problema” che Orban stia nel partito. Segno che i popolari, dentro e fuori il Parlamento, sono sempre più vicini a una spaccatura a causa di Fidesz e del suo leader.
C’è, sempre in chiave squisitamente europea, Manfred Weber, Il capogruppo dei Popolari (Ppe), fresco di candidatura per la guida della Commissione europea alla prossima legislatura, non può permettersi strappi con l’alleato Orban, membro anch’egli del Ppe. Schierarsi con il governo di Budapest al momento del voto rischia ripercussioni per tutti gli schieramenti cristiano-democratici europei, divisi sul tema. Ma come candidato alla Commissione Ue non può venire meno alla difesa dei valori e dei principi su cui l’Ue si fonda. Qualunque cosa faccia, rischia di generare contraccolpi. Più di qualcuno riconosce “la situazione di difficoltà” in cui si trova Weber.
Non meno difficoltà potrebbero sorgere in seno alla coalizione di governo Lega-5 Stelle. Sargentini si attende voto favorevole alla richiesta di sanzioni da parte della truppa pentastellata in Parlamento europeo, e voto contrario da quella leghista. Se così fosse, si avrebbe in Europa il riflesso di un governo che su stato di diritto e rispetto di diritti fondamentali non prende una decisione univoca. Non proprio un bel biglietto da visita.
Infine, nel tanto delicato gioco politico, si aggiunge la questione dell’uscita del Regno Unito dall’Ue. “Mi pare di capire che Theresa May senta di avere il sostegno dell’Ungheria nei negoziati per la Brexit”, ammette Sargentini. Allora i Conservatori britannici potrebbero chiudere un occhio su democrazia, stato di diritto e diritti fondamentali. La sintesi di tutto la dà la relatrice dei Verdi: “Il voto sull’Ungheria si tiene nella stessa settimana in cui c’è il discorso sullo stato dell’Unione perché questo riguarda lo stato dell’Unione, riguarda il futuro dell’Europa”.
In vista della messa ai voti della richiesta, gli eurodeputati Pd hanno inviato una lettera a tutti i colleghi italiani che siedono a Strasburgo. “Come eurodeputati di uno dei Paesi fondatori l’Unione europea – si legge nel testo – invitiamo tutti i nostri colleghi a censurare le gravi violazioni dello stato di diritto da parte del premier ungherese Viktor Orban. Il Governo Orban ha attaccato i valori su cui si fonda l’Unione Europea. Valori che sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.
“Ricordiamo – continua la lettera dei deputati europei del Pd – che la violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori sanciti all’articolo 2 del trattato, non riguarda solo lo Stato membro in cui si manifesta il rischio, ma ha un impatto su tutti gli altri Stati membri. Un voto contrario, o anche una semplice astensione, rappresenta un sostegno implicito a un governo che ripetutamente viola la libertà di espressione, che mette a repentaglio il funzionamento del sistema costituzionale e giudiziario, che favorisce la corruzione, che nega i diritti di rifugiati e migranti e discrimina rom ed ebrei. Noi non vogliamo essere complici della disgregazione dello stato di diritto né in Ungheria né in qualsiasi altro Stato membro”.