Bruxelles – La Commissione europea dovrebbe garantire a tutti l’accesso all’acqua potabile come diritto universale e opporsi alla privatizzazione e agli sprechi, ha avvertito il Comitato economico e sociale il 26 luglio.
Il parere del Comitato si riferisce all’aggiornamento della direttiva sull’Acqua potabile proposta dall’esecutivo comunitario, a seguito dell’iniziativa dei cittadini europei Right2Water.
Con l’iniziativa, i cittadini avevano chiesto che al centro delle politiche idriche Ue fossero posti i diritti umani – anzichè una logica di mercato.
Secondo le richieste dell’organo consultivo Ue e dei cittadini, le decisioni politiche dovrebbero fare in modo di rendere l’acqua accessibile – fisicamente ed economicamente – a tutti e sicura.
“L’acqua potabile è un bene primario che non è solo essenziale per la salute, il benessere e la dignità di ogni essere umano, ma è anche indispensabile per l’attività economica e produttiva”, ha dichiarato Gerardo Larghi, relatore del parere.
“Consideriamo l’acqua, comprese le falde acquifere e i bacini idrogeologici, – ha aggiunto Larghi – come un bene pubblico primario, e crediamo che le grandi riserve di acqua naturale non debbano più essere privatizzate”.
Nella pratica, secondo il Comitato, la direttiva dovrebbe garantire che l’acqua sia al cento per cento potabile, salubre, e accessibile “ai gruppi più svantaggiati”; che vi siano rifornimenti adeguati “in prossimità di case e scuole”; che vengano evitati sprechi e che il costo dei servizi “non ecceda il 3% del reddito familiare”.
Inoltre, secondo quanto contenuto nel parere, i cittadini dovrebbero essere “incoraggiati a bere acqua del rubinetto”. Le aziende che producono acqua, d’altro canto, dovrebbero essere tenute in considerazione dalla direttiva, per via delle “considerevoli ripercussioni” che questa avrà sui “produttori di acqua minerale”.
Infine, avverte il comitato, nella proposta dovrebbe esservi una maggiore attenzione ai rischi dell’approvvigionamento idrico come conseguenza del cambiamento climatico, che, entro il 2030, farà sì che “circa due miliardi di persone potrebbero vivere in aree affette da scarsità idrica”.