Bruxelles – Non c’è nessuna fretta di decidere sul Ceta anche se l’accordo continua a non piacere al governo, che è però aperto a studiarlo approfonditamente. Questo è quanto dichiarato dal ministro Politiche agricole, alimentari e forestali Gian Marco Centinaio il 16 luglio, al suo arrivo al Consiglio dei ministri dell’Agricoltura a Bruxelles.
“Nessuno ha fretta di portare il Ceta in aula, vogliamo capire se realmente è vantaggioso per il nostro Paese”, anche se al momento, ha spiegato il ministro, “ci sembra di no” perché nulla “ci sta dicendo in modo concreto e con dati reali e razionali che la posizione che abbiamo assunto nel contratto di governo è una posizione sbagliata”.
Il Ceta (acronimo di comprehensive Economic and Trade agreement) è un accordo commerciale fra Ue e Canada che verte su alcuni punti cardine come l’abbattimento dei dazi, una semplificazione degli investimenti e la tutela dei prodotti agroalimentari (con parametri di tutela più rigorosi).
L’accordo, che è già stato approvato da Consiglio europeo ed europarlamento, sta incontrando non poche difficoltà a essere ratificato in Italia, dal momento che il governo teme che possa essere vantaggioso per le grosse aziende e penalizzare le produzioni locali, per la sua impostazione troppo orientata alla “globalizzazione” (secondo le parole recentemente usate dallo stesso Centinaio).
Per verificare le posizione sinora sostenuta dal governo, ha continuato il ministro a Bruxelles, bisogna capire quali sono le “supposizioni e sensazioni da parte degli imprenditori, soprattutto nel mondo agricolo, che ci dicono di no”.
Al momento, “41 Igp (marchi che identificano l’indicazione geografica protetta, ndr) vengono tutelate” mentre “tutto il resto viene abbandonato a se stesso”, ha aggiunto il ministro. Tra le 200 che “rimangono fuori” dalla tutela, ha dichiarato il ministro, vediamo se sono tutte “locali, e servono il mercato rionale” o se “ce ne sono alcune che possono essere tutelate”. Il centro delle polemiche è infatti questo, molti marchi protetti restano fuori dall’accordo, ma, spiegano i sostenitori dell’intesa, sono quelli che non esportano perché molto locali, mentre invece la protezione sarebbe assicurata per quelle produzioni che in realtà esportano e rischiano, senza l’accordo, di essere imitate.
“Io non ho delle idee preconcette”, ma fino a oggi “nessuno mi ha dato dei dati concreti per cambiare idea” ha spiegato il ministro. “Vediamo se ci sono dei dati che confutano la nostra opinione” perché “solo gli stupidi non cambiamo idea”, ha aggiunto Centinaio.
Sulla tabella di marcia, il ministro dei 5 Stelle rimane tuttavia vago: “Non abbiamo ancora parlato” di un quando, ha detto. “Nei prossimi giorni”, a margine del Consiglio dei ministri, “vediamo se e quando parlarne, mi sembra che anche gli altri stati europei non abbiano tutta questa fretta” e “se non ce l’hanno loro che possono beneficiarne più di noi..” ha concluso il ministro.
La questione Ceta è anche legata all’atto che il Parlamento italiano compirà. Limitarsi ad una non ratifica non farebbe cadere l’accordo, ma impedirebbe solo l’entrata in vigore delle norme sulla protezione degli investimenti, che non è ancora in vigore in questa modalità “provvisoria”. Se invece il Parlamento decidesse di votare per bocciare esplicitamente l’accordo, allora questo potrebbe (la procedura è un po’ complessa) decadere anche per gli altri partner dell’Ue.
Centinaio si è invece espresso positivamente sull’accordo di partenariato con il Giappone (l’Economic Partnership Agreement), che verrà firmato a Tokyo il 17 luglio tra Bruxelles e Tokyo. “Il governo – ha spiegato il ministro – è “d’accordo” e andrà avanti, perché “vediamo l’agricoltura italiana più tutelata rispetto al Ceta”.