Mentre l’Unione poneva precondizioni per l’accordo, come la liberazione di Timoshenko, Mosca ha fatto pesare tutto il suo potere minacciando di strangolare l’economia del Paese e per Kiev scegliere con chi stare è stato semplice
Dopo la decisione di ieri del Parlamento ucraino di sospendere i negoziati sull’accordo di associazione economica tra Ue e Ucraina, Bruxelles proprio non ci sta a sentir parlare di fallimento degli sforzi diplomatici europei e ribadisce piuttosto il suo impegno nel proseguire il dialogo con il governo di Kiev. Di fatto, però, il governo del presidente Viktor Yanukovich con la decisione di ieri, chiude le porte all’Europa e le apre alla Russia. A pesare è soprattutto la differente strategia portata avanti dal Cremlino nel dialogo con Kiev. In effetti, mentre Bruxelles imponeva precondizioni, come quella di permettere il ricovero all’estero per Yulia Timoshenko al momento in carcere, e suggeriva nuove formule e riforme strutturali per migliorare la situazione economica del principale Paese dell’est Europa, Mosca sfoderava le sue armi economiche.
Le intenzioni del presidente russo Vladimir Putin, d’altronde, erano chiare da sempre, erano state ribadite il 9 novembre, quando, in un incontro semi-segreto, aveva lasciato intendere la sua decisione a portare avanti una strategia basata su incentivi e pressioni che avrebbero avuto una ricaduta diretta sull’economia della vicina Kiev che, con un eventuale boicottaggio da parte di Mosca, rischierebbe un vero e proprio strangolamento.
La decisione di sospendere i negoziati con l’Ue è “una delusione non solo per l’Ue, ma, crediamo, per il popolo ucraino” ha dichiarato in un comunicato Catherine Ashton. Secondo l’Alto rappresentante per le relazioni esterne dell’Ue “la firma dell’accordo più ambizioso che l’Ue abbia mai offerto a un Paese partner avrebbe ulteriormente rafforzato le riforme in corso in Ucraina e inviato un chiaro segnale agli investitori di tutto il mondo nonché alle istituzioni finanziarie internazionali che l’Ucraina è seria nel suo impegno di modernizzazione per diventare un interlocutore credibile e affidabile per i mercati internazionali”.
E oggi Maja Kocijancic, la portavoce di Ashton, ha snocciolato un po’ di cifre di quelli che sarebbero, secondo l’esecutivo di Bruxelles, i vantaggi economici per Kiev nella ratifica dell’accordo economico con Bruxelles: “Quasi mezzo miliardo l’anno solo in dazi sulle importazioni, una crescita del suo Pil del 6% nel lungo periodo”, inoltre, ha ribadito la portavoce “negli ultimi 20 anni l’Ue è stata il principale donatore per l’assistenza finanziaria del Paese, con 3,3 miliardi investiti nel supporto delle riforme a cui si aggiungono 610 milioni in programmi di assistenza macrofinanziaria”. Evidentemente non abbastanza per convincere Kiev a voltare le spalle a Mosca.
Marco Frisone