Bruxelles – Mario Draghi critica la Germania e i suoi alleati, quei Paesi che ancora impediscono il completamento dell’unione bancaria perché troppo fermi sulle rigide convinzioni rigoristiche di conti pubblici in ordine. Il presidente della Banca centrale europea, nel corso dell’audizione in commissione Affari economici del Parlamento Ue, ricorda l’importanza di procedere con la creazione di uno schema europeo di assicurazioni dei depositi bancari (Edis), vittima della divisione tra i governi che usano la moneta unica sui principi di riduzione dei rischi e di condivisione dei rischi. Una dicotomia, questa, divenuta motivo di vera e propria frattura tra nord e sud Europa.
Ci sono Paesi, come l’Italia, che spingono perché si faccia fronte (e cassa) comune per mettere in sicurezza le banche della zona euro. E’ questo il concetto di condivisione dei rischi. Dall’altra parte ci sono Paesi, come la Germania, che prima di procedere alla creazione di meccanismi di salvaguardia comuni vogliono che ogni Stato membro ristrutturi i propri istituti creditizi. E’ questo il concetto di riduzione dei rischi, che alcune capitali non intendono assumersi per paura di poter utilizzare risorse nazionali per risolvere potenziali crisi di liquidità bancaria in altri Paesi.
E’ in questo contesto che Draghi prende posizione contro il fronte dei Paesi capitanati dalla Germania (Paesi Bassi, Finlandia fanno parte del gruppetto nordico). “Le decisioni su un sistema unico di assicurazione dei depositi non dovrebbero essere frenate dalla distinzione tra riduzione e condivisione del rischio”. Questo, spiega il presidente della Bce, “per due motivi in particolare: in primo luogo una sostanziale riduzione del rischio ha già avuto luogo, in secondo luogo la condivisione del rischio aiuta notevolmente la riduzione del rischio”.
Nel corso dell’audizione Draghi lo ripete in più di un’occasione. Riduzione e condivisione del rischio “vanno di pari passo, si completano”. Non bisogna frenare dunque. “Con il giusto quadro di politiche, la condivisione del rischio e la riduzione del rischio si rafforzano a vicenda, contribuendo alla stabilità economica” dell’intera area euro.
La Commissione europea vorrebbe completare tutti gli aspetti dell’Unione bancaria entro la fine di quest’anno, ma invece di progressi si vedono rallentamenti soprattutto nel terzo pilastro dell’Unione bancaria. Se i meccanismi di vigilanza e risoluzione bancaria sono in stato avanzato, non certo lo stesso si può dire dello schema di assicurazione dei depositi, che dovrà andarsi ad affiancare ai sistemi nazionali di garanzia dei depositi.
La sfida è tutta politica. Si tratta di prendere decisioni, innanzitutto. A nord si chiede di ridurre in particolare la mole di crediti deteriorati, i prestiti si fa fatica a farsi restituire e che mettono in sofferenza le banche. L’Italia si trova in questa situazione. Ma Paesi come l’Italia, sottolinea Draghi, sempre senza fare menzione specifica di Stati, hanno già fatto la loro parte. “Abbiamo visto importanti miglioramenti per quanto riguarda i crediti deteriorati, segnali che vanno nella giusta direzione”. La situazione è “migliorata enormemente” per due motivi: la ripresa, che permette di ripagare i prestiti, e la sorveglianza bancaria voluta a livello europeo.
Oltre alla volontà di procedere bisognerà stabilire come farlo. Prima ancora però, è necessario che ci si fidi l’uno dell’altro. “Nessuna misura è possibile senza la fiducia tra Stati membri”. E’ questo il problema principale dell’Europa di oggi. I partner non sono più tali, perché non si fidano più di quelli che fino a poco tempo fa erano gli amici di sempre.