Bruxelles – Si preannunciano sei mesi non semplici, né per l’Europa né per l’Italia. La presidenza austriaca del Consiglio ha nel suo programma di lavoro tutta una serie di punti che non aiuteranno a rasserenare un clima già di per sé teso, alimentato da scontri e divisioni. La sfida sarà soprattutto per il governo Conte, chiamato a un braccio di ferro continuo sui temi caldi dell’agenda europea. Le priorità austriache, soprattutto sui dossier economico e dell’immigrazione, lasciano presagire mesi non certo all’insegna di agevoli intese.
Il motto scelto dal governo di Vienna per questi sei mesi “un’Europa che protegge”, e il riferimento all’immigrazione non è del tutto casuale. Al contrario, preoccupazione della nuova presidenza di turno è la salvaguardia delle frontiere esterne dell’Ue. In tal senso l’obiettivo di un rafforzamento di Frontex, l’agenzia di guardia costiera e di frontiera dell’Unione, intende rispondere all’obiettivo di non far arrivare nessuno su suolo comunitario. “L’elemento centrale” in questo ambito è aiutare gli Stati membri a potenziare Frontex. Significa proprio questo, confinare il problema ai Paesi di primo arrivo. Esattamente quello che non vuole l’Italia.
Sulla riforma del regolamento di Dublino, l’impianto normativo del sistema comune di asilo, l’Austria vuole un cambiamento “rigoroso”. Come spiega il documento programmatico della presidenza, questo vuol dire “una modifica del sistema che eviti che i trafficanti continuino a decidere chi sarà ricevuto negli Stati membri”. Vuol dire porre uno stop a determinate categorie di migranti, cui si applicherà un rigido regime di controlli alle frontiere. Non è scritto in questi termini, ma laddove si parla di sicurezza interna il governo di Sebastian Kurz chiarisce che l’Ue dovrà essere “allineata alle preoccupazioni dei cittadini”, e in Austria i cittadini sono preoccupati per i migranti.
Controlli alla frontiere esterne, rimpatri e scambio di informazioni sono dunque le parole d’ordine dell’Austria, che di solidarietà non fa mai menzione nel documento programmatico 66 pagine. Né si parla di ricollocamenti, per buona pace dell’Italia. Tutto è rimandato al 20 settembre, quando si terrà il vertice informale a Salisburgo proprio per cercare di fare il punto di una situazione che si presenta come sempre più complicata.
Anche sulle questioni economiche si intravedono profonde divergenze tra le sensibilità italiane e quelle austriache. La presidenza di turno non intende procedere con l’unione bancaria se prima non si attuano “ulteriori misure di riduzione dei rischi”, mentre il governo Conte, nel solco della continuità con l’esecutivo precedente, invoca la condivisione dei rischi. L’Austria si fa dunque garante delle esigenze dei Paesi del nord, cui promette rigore nei conti. “Un maggior rispetto delle regole di governance, in particolare del Patto di stabilità e crescita, è necessario”. E’ messo nero su bianco. Un duro colpo al governo giallo-verde 5Stelle-Lega, che vorrebbe un allentamento dei vincoli di bilancio. Per Roma il messaggio è chiaro: “Livelli di debito pubblico in alcuni Stati membri rimangono motivo di preoccupazione”.
Che dire poi delle banche? “Ci sono ancora banche con tassi a doppia cifra di crediti deteriorati”, i prestiti che si fa fatica a esigere indietro. Non è questo il caso italiano (a maggio era il 7,2% dei prestiti totali, secondo i dati diffusi da Bankitalia), ma la Commissione europea ha chiesto alle autorità nazionali di continuare a ridurre i rischi nelle sue raccomandazioni specifiche per Paese.
“Sussidiarietà” è un concetto su cui gli austriaci insistono molto e sui intendono lavorare. Significa capovolgere la logica comune appannaggio a favore di quella sovranista. Meno europea e più Stati nazionali. Nel caso austriaco, repubblica federale, più diritto di voce (e voto) ai parlamenti locali. In sintesi, più Europa sulle grandi questioni e meno Europa sulle questioni minori, “dove Stati membri o regioni sono in una posizione migliore per prendere decisioni”. Un principio, quest’ultimo, che non dispiacerà certo né a Matteo Salvini né a Luigi Di Maio, per quanto l’Italia non sia una federazione. Non è chiaro fino a che punto questa direttiva austriaca possa essere applicata al commercio. Qui la Commissione europea vorrebbe lasciare agli Stati ambiti decisionali ridotti, in una linea anti-sovranista che collide con le pulsioni dei partiti e dei movimenti nazionalisti di tutta Europa.
Su una cosa la presidenza austriaca potrà fare il gioco dell’Italia: i rapporti con la Russia. Anche se le sanzioni contro Mosca sono state rinnovate (il governo Conte non avrebbe voluto), Vienna ha affari importanti nella federazione russa. Non solo. A Baumgarten, nell’Austria orientale, si trova una delle più importanti stazioni di distribuzione di gas d’Europa, che rifornisce austriaci ed europei di gas russo. Non a caso il documento programmatico della presidenza austriaca parla di sviluppo del mercato interno di gas naturale, risorsa che l’Ue non ha e che deve chiedere all’estero. C’è il corridoio sud, ma c’è anche Gazprom. Gli austriaci restano vaghi su questo. Vale la pena ricordare che nella Trans Austrian Gas Pipeline ci sono interessi italiani: Eni ha ceduto quote a Cassa Depositi e Prestiti.