Il vertice dei governi dell’eurozona dello scorso 29 Giugno si è concluso con la sostanziale adozione dell’approccio avanzato da Francia e Germania nella riforma del meccanismo europeo di stabilità, per la creazione di un sostegno finanziario comune per le banche dell’eurozona, e nella definizione dei prossimi passi necessari al completamento dell’Unione bancaria, in riferimento all’introduzione di un sistema europeo di assicurazione dei depositi.
Dalla scarna dichiarazione di fine vertice, di appena una pagina, i pochi elementi che emergono sono quelli già tracciati nel documento congiunto dei ministri delle finanze francese e tedesco – licenziato lo scorso 19 giugno a Mesenberg -, poi ripresi dalle proposte formulate dal presidente dell’eurogruppo, Mario Centeno, in una lettera che è stata assunta nelle conclusioni del summit.
Prevale quindi la linea del rigore caldeggiata in particolare da Germania e Olanda, con i principi guida di una riforma del meccanismo europeo di stabilità (MES) informati alla priorità della riduzione dei rischi presenti nei settori bancari degli Stati membri e del rispetto di stringenti vincoli di condizionalità ex ante ed ex post per l’accesso a un sistema di supporto finanziario comune.
Sul versante degli strumenti necessari a una “condivisione dei rischi” nell’eurozona, il rafforzamento del MES – come supporto finanziario di ultima istanza al fondo di risoluzione unico per le banche vigilate dalla BCE, viene condizionato al riordino dei bilanci e alla riduzione delle sofferenze presenti nelle banche dell’eurozona, mentre l’avvio delle trattative per la creazione di un’assicurazione europea dei depositi bancari – ultimo e fondamentale pilastro dell’Unione bancaria – è rinviato a data da destinarsi.
Come si legge nella lettera di Centeno, in linea coi desiderata del documento franco-tedesco, un sostegno finanziario comune di ultima istanza potrà essere introdotto prima del termine programmato (il 2024!) solo a condizione che la riduzione dei rischi presenti nei bilanci delle banche poste sotto l’Unione bancaria venga giudicata “sufficiente” sulla base dei livelli di crediti deteriorati e di requisiti previsti per le risoluzioni bancarie secondo la normativa europea sul Bail In (i cosiddetti MREL), e in ogni caso non prima del 2020. Contro quanto richiesto da Italia, Spagna e altri Paesi dell’euro-periferia, viene quindi confermata la linea secondo cui, per riassumere, la riduzione dei rischi (il de-risking), attraverso l’eliminazione di sofferenze passate (lasciata ai singoli Stati), è condizione necessaria per l’introduzione di qualsiasi forma di condivisione del rischio a livello dell’eurozona. Posizione da sempre difesa dai governi degli Stati “creditori” del Nord Europa, tale sistema comune dovrà servire a prevenire le crisi future, proprio sulla base di un riordino dei settori bancari nazionali in crisi che gli Stati membri coinvolti dovranno assicurare secondo i termini previsti.
Sulla stessa linea, gli elementi concordati del rafforzamento del MES – come supporto al fondo unico di risoluzione – pongono seri dubbi rispetto alla sua capacità di funzionare effettivamente come rete di protezione di ultima istanza per le crisi bancarie future dell’eurozona. Il MES riformato, come si legge, avrà una dotazione finanziaria pari a quella prevista a regime per il fondo unico di risoluzione (60 miliardi di euro). Un “potenza di fuoco” complessiva di 120 miliardi: basti pensare che, secondo i dati della Commissione europea, il costo dei salvataggi per le sole Landesbanken tedesche è stato di circa 123 miliardi di euro, per rendersi conto dell’ammontare potenzialmente insufficiente del meccanismo di stabilità per far fronte a future crisi sistemiche.
Se gli strumenti a disposizione del MES dovranno essere ulteriormente discussi dall’eurogruppo, il documento riafferma la “condizionalità” quale suo principio fondante, da declinare secondo la specificità dei diversi interventi, rispetto ai quali il meccanismo europeo dovrà acquisire un ruolo maggiore in sede di pianificazione e monitoraggio. Se una concessione sulla possibilità di interventi “precauzionali” da parte del MES (quindi che non implichino l’avvio di un programma di aiuti vero e proprio) viene prospettata – secondo quanto richiesto in particolare da Francia, Italia e Spagna – questi vengono vincolati al rispetto di criteri ex ante relativi alla “buona” performance economica e finanziaria degli Stati membri, anche da parte dello stesso MES, in linea con le posizioni tedesche. La dichiarazione di fine summit pone infine la deadline al dicembre 2018 per la definizione del funzionamento e caratteristiche per la riforma del trattato intergovernativo del MES, con l’obiettivo di incorporarlo successivamente all’interno della legislazione dell’Unione.
Rinviati, allo stesso modo, gli altri punti della lettera del presidente dell’eurogruppo, particolarmente caldeggiati dalla Francia, ma fortemente osteggiati da un’ampia coalizione di governi all’interno dell’euro summit, quali le definizione di un budget per la “competitività, convergenza e stabilizzazione dell’eurozona” e l’introduzione di un sistema di assicurazione europea per la disoccupazione. Come si legge nel documento franco-tedesco, però, un simile budget dell’eurozona dovrebbe costituire uno strumento utile nella creazione di un “autentica funzione di stabilizzazione macroeconomica”, da realizzarsi però “senza trasferimenti (fiscali)”. Lungi da una “federalizzazione” dei trasferimenti fiscali, quindi, tale budget assumerebbe la forma di un fondo per investimenti e innovazione, da accompagnare a un possibile “fondo europeo di stabilizzazione della disoccupazione”, cui uno Stato in crisi possa attingere, a condizione di ripagare il tutto una volta scampato il pericolo.
Le conclusioni del vertice dell’eurozona, pur nella loro genericità, rivelano la rinnovata forza dell’asse franco-tedesco alla regia del percorso di rafforzamento dell’unione monetaria, sullo sfondo di una persistente egemonia dell’approccio della Germania e dei Paesi creditori, con un’Unione bancaria basata sulla definizione di una rigida disciplina di mercato e senza la concreta volontà di procedere a una compiuta unione fiscale. Le divergenze e contrasti profondi fra governi dell’eurozona continuano a riflettersi su un disegno e un programma di completamento dell’unione economica e monetaria che rischia di non risolvere – e al contrario di acuire – le crescenti tensioni e asimmetrie economiche e finanziarie interne all’area euro, con tutte le relative conseguenze per la tenuta complessiva del progetto europeo.