Roma – Disposti a collaborare su tutto, ma niente hot spot per l’identificazione dei migranti a casa nostra. La missione in Libia del vicepresidente del Consiglio e ministro degli Interni Matteo Salvini fa registrare una netta chiusura del governo di Tripoli. “Abbiamo sottolineato agli italiani e agli europei che siamo pronti con un programma per il contrasto dell’immigrazione clandestina, condividiamo con loro molte cose” su questa materia, “ma rifiutiamo categoricamente la possibilità di qualsivoglia campo per migranti in Libia. Non sarebbe consentito dai libici né dalle leggi libiche”. È il vicepremier Ahmed Maitig a escludere nettamente l’apertura di centri per l’identificazione nel Paese nordafricano. Contemporaneamente invita “l’Italia e gli altri Paesi europei del Mediterraneo a una conferenza sull’immigrazione illegale, la prima metà di settembre prossimo”.
Salvini accetta l’invito alla conferenza di Tripoli e impegna l’esecutivo italiano a farsene promotore in sede europea, ma non rinuncia all’idea di spostare in Africa le attività di accoglienza dei migranti, del riconoscimento e della valutazione delle loro richieste di asilo. Soprattutto perché, in questo modo, rimarrebbe fuori dai confini europei il problema di come gestire tutti coloro (la stragrande maggioranza) cui viene respinta la domanda di protezione internazionale.
Incassando dal governo di Tripoli il ‘niet’ agli hotspot, riconosce che farebbero dalla Libia “un imbuto come l’Italia”. Quindi, annuncia, “già giovedì al Consiglio europeo, l’Italia sosterrà la necessità di proteggere le frontiere esterne a Sud della Libia, perché non possono essere solo la Libia o l’Italia a sostenere i costi economici e sociali di questa immigrazione”.
Rimane da capire con quali accordi e soprattutto con quale copertura legale si possa percorrere la strada indicata da Salvini, che si contrappone alla proposta di centri di sbarco in Paesi membri caldeggiata dalla Francia. La Commissione europea conferma però che si sta lavorando in questo senso. Ieri, nel vertice a 16 sull’immigrazione “i leader hanno discusso della possibilità di una qualche tipologia di ‘piattaforme’ per i migranti, ma non ci sono state decisioni. L’Ue le considera una opzione e ci lavorerà sopra”, riferisce il portavoce Margaritis Schinas. “In ogni caso”, precisa, che siano “fuori dall’Ue o alle frontiere esterne – dipende dal tipo di assistenza o di servizio – saranno governate dalle leggi internazionali e con il coinvolgimento dell’Unhcr e dell’Oim, e in nessun caso saranno delle prigioni”.
Il leader della Lega indica anche un altro fronte sul quale intende agire: arginare l’operato delle Ong. Prima ringrazia “le autorità, il governo e la guardia costiera libica per l’eccellente lavoro di salvataggio e di recupero nel Mar Mediterraneo”. Poi assicura che il governo italiano farà di tutto perché siano unicamente le autorità libiche a presidiare il territorio anche marittimo libico, bloccando le invasioni di campo di quelle organizzazioni che vorrebbero sostituirsi ai governi e alle autorità, e che nei fatti aiutano i trafficanti di immigrati illegali”.
È chiaro il riferimento alle organizzazioni umanitarie presenti con le loro navi di soccorso al largo della Libia. Il tutto mentre la Lifeline – la nave battente bandiera Olandese su cui il governo italiano ha avanzato sospetti tali da minacciarne addirittura il sequestro se portasse il suo carico di 230 naufraghi in un proto italiano – chiede annuncia che chiederà accoglienza in Francia, e la Danimarca fa invece appello all’Italia perché faccia sbarcare il cargo danese Maersk, che staziona con 113 migranti a largo di Pozzallo. “Spero che il governo italiano faccia ordine e che i migranti non debbano ancora attendere in nave”, dichiara la ministra degli Interni Inger Stjberg, secondo la quale Erano migranti in cammino verso l’Italia, per questo è necessario che l’Italia li accolga”.