Roma – Investimenti, ricerca e mercato unico digitale: sono gli elementi su cui punta la Commissione europea per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Un settore in cui “l’Europa, di fronte ai giganti asiatici e agli Stati Uniti, non riesce a fare sistema” e dunque ad essere competitiva, denuncia Beatrice Covassi, capo della Rappresentanza della commissione europea in Italia. Intervenendo a un dibattito sull’intelligenza artificiale a Montecitorio, ricorda come nel programma Horizon 2020, quello che convoglia le risorse per la ricerca, l’Ue ha stanziato 1,5 miliardi di euro all’intelligenza artificiale. “È pochissimo”, ammette Covassi rivelando che il fabbisogno di investimenti calcolato per l’Europa è di 20 miliardi, il doppio rispetto alla pur considerevole cifra di 10 miliardi proposta dall’esecutivo comunitario per la programmazione finanziaria 2021-2027.
“Investimenti, investimenti, investimenti”. La funzionaria europea ripete la parola d’ordine principale, ma indica anche altre direttrici lungo le quali bisogna intervenire. Quella del mercato unico digitale è essenziale: “Se non ci sono regole comuni europee che rendano il mercato uniforme, nessun Paese da solo può pensare di fare investimenti che abbiano senso, perché non si riuscirebbero a esportare i prodotti” basati sull’intelligenza artificiale. Di conseguenza “non ci sarebbe interesse né per il privato né per il pubblico a investire”, sottolinea la rappresentante della Commissione.
Infine, bisogna mettere in rete le eccellenze europee nella ricerca sull’intelligenza artificiale. “L’Europa, e l’Italia, hanno eccellenze che non hanno nulla da invidiare a nessuno, ma se l’Europa non riesce a creare il mercato unico, le condizioni di competitività e soprattutto a fare sistema raccordando le eccellenze in queste tecnologie non riesce a fare massa critica” per porsi in ruolo di leadership a livello mondiale.
Sulla necessità di fare rete e di investire di più concorda Mirella Liuzzi, deputata del M5s, la quale segnala anche l’elemento dell’accesso a questo sviluppo tecnologico da parte delle piccole e medie imprese. Secondo l’esponente pentastellata “Serve un progetto per coinvolgerle nell’utilizzo delle tecnologie e per diffondere la consapevolezza dei vantaggi che l’intelligenza artificiale può portare alle loro attività”.
Ulteriore aspetto da tenere presente è quello occupazionale. A evidenziarlo è Antonio Palmieri, deputato di Forza Italia, preoccupato della necessità di “non lasciare nessuno indietro”. Non c’è dubbio che l’intelligenza artificiale, così come i progressi tecnologici della digitalizzazione e automazione, farà perdere posti di lavoro tradizionali creandone di nuovi. Per Palmieri, però, “bisogna essere chiari su una cosa: i nuovi posti di lavoro che si creeranno non riguardano chi perderà quelli vecchi, per una serie di motivi anagrafici e di competenze”. Si tratta di una questione che è cruciale affrontare per evitare che il progresso tecnologico si accompagni a un dramma sociale.