Bruxelles – Nei giorni della travolgente vittoria per il SI all’aborto legale in Irlanda, la premier britannica Theresa May sta passando momenti difficili dopo essersi rifiutata di sostenere di riformare le leggi che regolano l’aborto in Irlanda del Nord, che sono, ad oggi, tra le più restrittive dell’Unione europea.
Dopo una campagna all’insegna dello scontro serrato e dell’emotività, al voto del 25 maggio il 66% dei cittadini della Repubblica irlandese ha votato per modificare le severe leggi in materia, consentendo così la possibilità di praticare l’interruzione di gravidanza entro le prime 12 settimane, che diventano 24 in circostanze eccezionali.
L’esito del referendum – sorretto da numeri che vanno ben oltre le previsioni, considerata anche la tradizione fortemente cattolica dell’isola – è stato definito dal Taoiseach irlandese Leo Varadkar come “il culmine di una rivoluzione silenziosa” che si è espresso con un voto che è stato un “grande esercizio di democrazia”.
All’indomani del risultato in Gran Bretagna, Theresa May è stata investita da richieste da parte di componenti del suo partito e di quelli dell’opposizione per abolire le rigide regole nordirlandesi sull’aborto e metterle in linea con il resto del Paese.
Un totale di 160 Parlamentari britannici ha sostenuto una lettera preparata dalla laburista Stella Creasy, per fare pressione sul governo affinché promulghi una legge per impedire che l’Irlanda del Nord rimanga l’unico luogo, in entrambe le isole, dove l’aborto è illegale in quasi tutte le circostanze ( è previsto solo quando è a repentaglio la vita della donna).
Il procuratore generale ombra per l’Inghilterra e il Galles, Shami Chakrabarti ha dichiarato: “Noi chiediamo a May, che si definisce femminista, di negoziare con i partiti nel nord dell’Irlanda e promuovere leggi senza ulteriori ritardi”.
“Il problema è che si tratta di una questione di diritti umani”, aggiunge Chakrabarti. “Non si può avere una democrazia senza i diritti umani fondamentali, e le donne del Nord dell’Irlanda hanno già sofferto abbastanza”.
Il ministro per le Donne e le Pari Opportunità britannico Penny Mordaunt ha detto che la vittoria irlandese deve cambiare le regole oltre il confine settentrionale, spiegando che la vittoria del SI è “un momento storico e un grande giorno per l’Irlanda con la speranza – che deve essere soddisfatta – che questo avvenga anche per l’Irlanda del Nord”.
Anche dal di qua del Mare d’Irlanda sono venuti segnali di incoraggiamento, con la deputata del partito Sinn Fein, attivo in tutta l’isola, che ha commentato il voto dicendo: “L’Irlanda del Nord è la prossima”.
Nonostante le pressioni, Downing Street ha respinto le richieste argomentando che l’aborto è una questione decentrata (l’Abortion act del 1967 non si applica all’Ulster) e che dovrebbe essere decisa dall’esecutivo e dall’assemblea dell’Irlanda del Nord i quali, però, sono sospesi da ben 18 mesi.
Da quando l’amministrazione condivisa del potere in Irlanda del Nord ha subito una battuta d’arresto, i funzionari britannici hanno preso decisioni importanti nella regione e, di conseguenza, Londra avrebbe la competenza per legiferare direttamente, nonostante la competenza sulla salute sia stata demandata a Belfast.
Tuttavia, qualsiasi tentativo per cambiare la legge potrebbe destabilizzare il governo britannico mettendolo in rotta di collisione – potenzialmente insanabile – con il Partito democratico Unionista (Dup), che è fortemente conservatore in materia ma dal cui appoggio dipende il governo di minoranza di May.
Chakrabarti ha commentato alla Bbc le dichiarazioni della May spiegando che, a meno di un rapido ripristino della “devolution”, i deputati di Westminster hanno la responsabilità di agire perché è già troppo tempo che “le donne nell’Irlanda del Nord, spesso molto vulnerabili sono costrette a lasciare le loro case, i loro cari e il loro paese per ottenere questo tipo di trattamento”.
“Vorremmo vedere la devoluzione ripristinata con urgenza. Se questo problema crea un maggiore impulso affinché ciò accada, tanto meglio. Ma se questo blocco continua, queste donne vulnerabili non possono più essere ignorate “, ha aggiunto Chakrabarti.
Sull’altro versante, il deputato del Dup Jim Shannon ha ribattuto: “Abbiamo un’assemblea dell’Irlanda del Nord che è stata in un limbo per 18 mesi. Ma è ancora l’assemblea dell’Irlanda del Nord, e il cambiamento legislativo è ancora una sua prerogativa”.
Un altro deputato del Dup, Ian Paisley, si è spinto ancora più in la, affermando che l’Irlanda del Nord “non dovrebbe essere costretta ad accettare l’aborto su richiesta”. Sulla questione, ha aggiunto, “l’Irlanda del Nord ha avuto una solida opinione su questo punto per decenni. Nulla suggerisce che sia cambiato”.
Intanto, un giudizio della Corte suprema sulla compatibilità o meno della legge sull’aborto nell’Irlanda del Nord con i diritti umani internazionali è attesa per quest’anno.
L’assemblea eletta dell’Irlanda del Nord ha la facoltà di allineare le norme sull’aborto a quelle del resto del Regno Unito, ma a febbraio 2016 ha votato contro questa possibilità e da gennaio 2017, quando è caduto il governo, l’assemblea non si è più riunita.
In Irlanda del Nord, oggi, l’interruzione di gravidanza è prevista solo nel caso in cui la vita della madre o la sua salute mentale siano in pericolo. Questo significa che non sono considerati motivi legali sufficienti nemmeno lo stupro o malformazioni fatali al feto. La pratica di aborto illegale è proibita con l’ergastolo e la maggior parte delle donne si reca all’estero o ricorre a pillole abortive acquistate su internet.
Nell’Unione europea, solo Malta ha una legislazione più restrittiva. Nella piccola isola mediterranea, infatti, l’interruzione di gravidanza è proibita completamente, anche in caso di pericolo di morte della madre.