Trento – Non ci sono più i nazionalismi di una volta, con le retoriche dell’espansione dello spazio vitale. Siamo nell’epoca dei nazionalismi difensivi, “molli”. E nazionalismi mutati geneticamente, perché come avviene nei casi di Scozia e Catalogna si va oltre lo Stato, interfacciandosi con un’altra realtà, quella dell’Unione Europea.
Pomeriggio di interessante approfondimento al Festival “Siamo Europa” con un’analisi sulla situazione degli “-ismi” europei, coordinata da Lorenzo Robustelli, direttore di Eunews.it, che ha cominciato facendo il quadro delle pulsioni nazionalistiche del continente: Ungheria, Catalogna, Finlandia, fino all’Italia.
Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi, ha descritto la rocambolesca fuga di Carles Puigdemont, il presidente catalano, dopo il referendum indipendentista del primo ottobre 2017. “Puigdemont si è potuto muovere liberamente, andando in macchina fino a Marsiglia e quindi prendendo un volo verso Bruxelles”. Tante frontiere superate per arrivare a tenere una conferenza in Svezia. Quindi il ritorno ed il mandato di arresto che lo ha raggiunto in Schleswig Holstein, il Land più a nord della Germania, da dove però non è stato consegnato alle autorità spagnole.
Il populismo si configura come “noi contro le elites”, ma in Italia e Spagna ha avuto due evoluzioni inedite. Il MoVimento 5 Stelle si è dato “una faccia” di governo con Luigi di Maio. E stanno diventando dei “populisti moderati” anche i Ciudadanos, che secondo i sondaggi sono primo partito in Spagna. Tra i “colpi di scena” Villa ha ricordato il primo referendum sulla Brexit, negli anni Settanta, con i laburisti che allora volevano uscire dall’Unione, “out and in to the world” il loro slogan. Situazione ribaltata oggi, con i conservatori al governo che seguono quella strada.
A populismi e nazionalismi si associa il tema delle migrazioni. Anche il governo giallo-verde italiano vorrebbe rivedere il Regolamento di Dublino. Ma la bozza in discussione prevederebbe di spostare il lasso di tempo entro il quale chiedere protezione da 12 mesi a 10 anni, quindi molti migranti, se la proposta dovesse passare, potrebbero essere mandati al paese di primo arrivo, l’Italia.
Il Regolamento di Dublino nacque nel 1990, quando le migrazioni erano soprattutto dai paesi balcanici verso al Germania, e dunque, dice Villa, “per noi andava benissimo così com’era”.
Marco Piantini ha appena riempito gli scatoloni a palazzo Chigi, dopo aver ricevuto i ringraziamenti di Paolo Gentiloni per il suo servizio da consigliere per gli Affari europei della Presidenza del Consiglio. Piantini ha lo stile pacato e tranquillo di Gentiloni, che sembra controbilanciare quella che “è una perdita di autorevolezza diffusa, una contestazione radicale delle istituzioni. Anche le elites, le classi dirigenti sono in crisi di autorevolezza, dovremmo imparare a esercitare le virtù dell’autocritica”. La polarizzazione da permanente campagna elettorale fa perdere il confine tra finzione e realtà. “Attenzione – il monito di Piantini – che un crescente sentimento anti-tedesco è la porta d’ingresso per il sentimento antieuropeo”.
Anche per questo Trento è luogo simbolo. L’ultima città del tutto “italiana” andando verso nord, un luogo dove si costruiscono ponti con il vicino di lingua tedesca, spesso “invidiato” per la migliore capacità di fare sistema, attrarre investimenti dall’estero, internazionalizzare la propria economia.