Bruxelles – Slitta il voto della commissione Libertà civili del Parlamento europeo sulla proposta di riforma della procedura comune da seguire per la protezione internazionale, ovvero il riconoscimento del diritto di asilo. Previsto per questa mattina, il voto è rimandato alla prossima settimana, in una giornata tra lunedì o martedì, ancora da stabilire. I deputati europei hanno voluto concedersi un po’ più di tempo per limare un testo, di cui è relatrice la 5 Stelle Laura Ferrara, che continua a dividere. Si parla di immigrazione, tema su cui l’Ue fatica a trovare una strategia comune.
La relazione, così come modificata rispetto alla proposta della Commissione europea, propone un tempo massimo di sei mesi per prendere una decisione sulle domande di asilo. In Italia in questo momento ci si mette il triplo (18 mesi). Per il nostro Paese, mettersi in regola con una simile richiesta vorrebbe dire investire (pure economicamente) nella modernizzazione del sistema di accoglienza, ma anche poter mandare i migranti verso i Paesi da loro desiderati il prima possibile, cosa che non piace ai partner Ue. L’Italia è un Paese di transito. Chi sbarca sulle nostre coste, nella maggior parte dei casi non ha intenzione di restare, ma di procedere altrove.
C’è poi il nodo dei Paesi di origine cosiddetti “sicuri”, quei Paesi dove cioè rispedire i migranti in arrivo in Europa. Su questa lista l’Ue non riesce a prendere una decisione. Il testo del Parlamento propone di considerare “sicuri” tutti i Paesi firmatari della convenzione di Ginevra del 1951, il trattato Onu sui rifugiati. Ufficialmente tutta l’Africa (con l’eccezione di Libia e Sahara occidentale) l’ha sottoscritta, ma si pone la questione della sicurezza reale in alcuni Stati.
Si chiede di prevedere la possibilità di rimuovere le procedure di valutazione delle domande di asilo alla frontiera, ma si lascia agli Stati membri la libertà di decidere in merito. Si chiede però di eliminare sempre queste pratiche per i minori. Il testo del Parlamento stabilisce inoltre che ogni richiedente protezione internazionale debba ricevere assistenza legale “non appena ha dichiarato il desiderio di ricevere protezione”, cosa questa non prevista dalla proposta della Commissione europea.