Fra le tante nuove parole che la modernità ogni giorno ci porta, ce ne sono due che dietro il suggestivo termine inglese nascondono concetti vecchi come il mondo e per niente attraenti. Nelle ristrettezze economiche in cui versiamo, tutti oggi parlano del crowdfunding come rivoluzionario e innovativo metodo di finanziamento. Basta implorare soldi allo stato squattrinato o alle avare banche: facciamo crowdsourcing! è la geniale trovata dei teorici della nuova economia. Pochi si accorgono che purtroppo di crowdsourcing è sempre stato pieno il mondo. La raccoglie il chierichetto in chiesa e il mendicante per strada e si chiama elemosina. Ma a dire il suo vero nome, ecco che il crowdsourcing perde tutto il suo fascino. Quale project manager andrebbe in giro a dire che finanzia il suo progetto con l’elemosina? Eppure di questo si tratta. La stessa cosa accade con l’altra sonora presa in giro del crowdsourcing. Basta sprecare soldi assumendo personale o rivolgendosi a specialisti per consulenze, studi, ricerche. Evviva il crowdsourcing! Invocano da ogni angolo del web i geni della cybereconomia. In italiano si chiamerebbe “chiedere a cani e porci”. Quando non si sa dove sbattere la testa, quando non si sa a chi rivolgersi, si fa crowdsourcing. Ma quale start-up direbbe mai che sta chiedendo a cani e porci per compilare il suo studio sulle nuove tendenze del mercato culturale? Crowdsourcing e Crowdfunding sono però solo i figli minori della madre di tutte le baggianate moderne che è il concetto del “do more with less”. Nessuna epoca della storia dell’umanità aveva mai partorito niente di più intrinsecamente cretino facendolo diventare un dogma. Sul “do more with less” si fanno conferenze e si compiono studi, sicuramente ricorrendo al “canieporcing”, per certificarne la credibilità. Ma la prova inconfutabile della sua totale assurdità è semplicissima: provate a riempire una bottiglia da un litro con mezzo litro. E poi portatela al vostro capo che vi chiede di “do more with less”.
Diego Marani