Bruxelles – L’Italia ha compiuto passi avanti. “E’ passata da un approccio emergenziale a uno strutturale volto all’integrazione” dei migranti in arrivo sul proprio territorio, ma nonostante questo i risultati, da un punto di vista occupazionale, non si vedono. Inserimenti nel mercato del lavoro gestiti a livello locale ha creato un sistema frammentato e disomogeneo, e la crisi economica che in Italia ha colpito più che altrove ha impoverito l’offerta di impiego. Non è un bilancio positivo quello tracciato per l’Italia dall’Istituto per la ricerca sociale (Irs) sulle misure di integrazione lavorativa dei migranti redatto per la commissione Occupazione e affari sociali del Parlamento europeo. Si riconoscono passi avanti, ma anche la necessità di fare di più.
Si riconosce che l’Italia più di altri ha scontato una pressione migratoria senza precedenti, che ha messo a nudo difficoltà fisiologiche per autorità, locali e nazionali, mai abituate prime a gestire situazioni come la crisi dei richiedenti asilo. In Italia, si scrive, “c’è stato il sostegno a misure di integrazione fin dai primi momenti di presentazione delle domande di asilo, ma è stata mostrata però difficoltà nell’attuazione pratica di tali misure per via dell’inesperienza e la mancanza di capacità di gestione di tali politiche”.
Anche per via delle circostanze, fatte di numeri di sbarchi mai visti prima e l’esigenza di far tornare i conti, l’Italia ha finito per investire principalmente sugli arrivi. L’uso dei fondi europei “è focalizzato sul rafforzamento del sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, con particolare attenzione alle prime azioni di accoglienza”. Il problema è che in Italia si sbarca e poi non si ha niente da fare. Chi ha diritto a restare non ha lavoro, e questo pone un problema pratico in più per la gestione dell’immigrazione.
Ci sono almeno tre “inconvenienti”, come vengono definiti, nell’attuazione delle misure per l’impiego degli immigranti comunque previste dall’Italia. Il primo è “la carenza di programmi concreti di integrazione” nel mercato del lavoro. Vuol dire che nella pratica “spesso” queste politiche per l’occupazione “non sono disponibili”. Il secondo problema è l’eredità della crisi, altro elemento che “riduce le opportunità di lavoro” per richiedenti asilo e rifugiati. Infine c’è un problema di “mancanza di coordinamento” tra i servizi per l’impiego e le istituzioni responsabili per le politiche di integrazione. Tutte criticità cui si chiede di intervenire.