Bruxelles – Lavorare, magari anche a tempo pieno, ma essere comunque povero. Sono purtroppo ancora troppe le persone che si trovano a vivere in questa condizione in Europa. Lo confermano i dati di Eurostat che segnalano che il rischio di povertà lavorativa nell’Unione europea sta aumentando e sta incidendo soprattutto sui giovani. Secondo l’ufficio statistico negli ultimi anni la proporzione dei lavoratori a rischio povertà è in continuo aumento, dall’8,3% nel 2010 al 9,6% nel 2016. Questo vuol dire che circa un decimo (9,6%) dei lavoratori sopra i 18 anni nell’Unione europea erano a rischio povertà nel 2016. E l’italia purtroppo non è messa bene: il nostro Paese nella classifica degli Stati membri è quindi in termini percentuali e addirittura primo in termini assoluti per presenza di lavoratori a rischio povertà.
“Lavorare otto ore al giorno e ritrovarsi comunque povero. Questo accade in Italia che, secondo i dati Eurostat, si posiziona al primo posto in Europa in questa triste classifica con più di tre milioni di lavoratori a rischio. Questa è l’ennesima stortura di un mondo del lavoro precarizzato ai limiti della sopportazione”. lo dichiara l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Laura Agea, coordinatrice del gruppo Efdd nella Commissione Lavoro del Parlamento europeo, secondo la quale “il Jobs Act sta creando un’intera generazione di precari. L’ultima speranza per mettere un freno all’emergenza della povertà è la volontà da parte di tutti i Paesi di adottare un reddito minimo di cittadinanza”.
Si parla di rischio di povertà lavorativa nel caso in cui un lavoratore che vive in un nucleo familiare ha un reddito disponibile al di sotto della soglia del rischio povertà. La soglia è stabilita al 60% del reddito medio nazionale disponibile, considerando i contributi sociali.
Il rischio di povertà continua ad affliggere diversi Paesi dell’Unione europea e può variare a seconda della tipologia di contratto: è il doppio più alto per i lavoratori part-time (15,8%) che per quelli full-time (7,8%) e tre volte maggiore per i lavoratori con contratto a tempo determinato (16,2%) rispetto a quelli con contratto a tempo indeterminato (5,8%). I lavoratori uomini (10,0%) inoltre sono secondo Eurostat, più a rischio di povertà rispetto alle donne (9,1%).
Il Paese dell’Unione europea con maggiore rischio di povertà lavorativa è la Romania (18,9%), seguita da Grecia (14,1%), Spagna (13,1%), Lussemburgo (12,0%). L’Italia (11,7%) si posiziona al quinto posto nella classifica dei Paesi con rischio povertà più alti. In termini assoluti l’Italia però risulta primo Paese dell’Ue nel 2016 con poco più di tre milioni i lavoratori a rischio povertà, seguita da Spagna con 2,9 milioni e Romania con 1,6 milioni.
Ai primi posti della classifica ci sono quei Paesi in cui meno del 5% della popolazione senza lavoro era a rischio di povertà. Al primo posto abbiamo la Finlandia (3,1%), seguita da Repubblica Ceca (3,8%), Belgio (4,7%) e Irlanda (4,8%).
L’aumento più elevato di lavoratori a rischio di povertà si è registrato in Ungheria con un aumento dal 5,3% nel 2010 al 9,6% nel 2016, seguito da Estonia, Germania, Italia e Spagna.
La situazione migliora in alcuni Paesi in cui il rischio di povertà lavorativa sembra essere diminuito secondo i dati Eurostat. In Lituania per esempio, il rischio si è ridotto dal 12.6% nel 2010 al 8.5% nel 2016, con a seguito Danimarca, Lettonia e Svezia.