Bruxelles – E’ rara, eppure molto comune. Si conosce da 80 anni, ma se ne sa ancora troppo poco. Può fare tanto male, ma quasi nessuno se ne accorge. Un nemico silenzioso che affligge un numero di persone grande quanto quasi l’intera popolazione dell’Ue. E’ la displasia fibromuscolare (Fmd), una patologia che colpisce le arterie e che, se non diagnosticata per tempo, può compromettere seriamente la salute umana. Le arterie trasportano il sangue ossigenato ovunque: al cervello, agli organi interni del corpo, alle braccia e alle gambe. La Fmd attacca le arterie di medie dimensioni, creando tessuto fibroso nella parete dell’arteria, determinandone un restringimento o anche un’occlusione della stessa. Vuol dire meno afflusso di sangue, con rischio lesioni o trombosi. Particolarmente a rischio sono l’arteria carotide e il rene.
A Bruxelles il mondo della medicina invita ad accelerare la creazione dell’Unione europea della lotta alla displasia fibromuscolare. Il simposio di tre giorni “Rivisitare la displasia fibromuscolare e la malattia vascolare correlata” promosso da Fondazione Menarini, ha messo in luce proprio la criticità di un mondo che fatica a fare ed essere sistema. C’è tanto lavoro da fare, eppure si fa ancora troppo poco.
La displasia fibromuscolare è considerata una malattia rara, in quanto sofferta da meno del 10% della popolazione mondiale. Si stima che oggi sia affetto da questa arteriopartia tra il 3% e il 6% delle persone, vale a dire tra i 228 milioni e i 456 milioni di individui, un numero pari al 90% degli abitanti dell’Unione europea. Un paragone doveroso, perché su questo tema gli Stati membri procedono a rilento e in ordine sparso. Due anni fa è stato deciso di creare un registro europeo per il censimento dei casi presenti nel territorio a dodici stelle. “Due anni dopo la creazione, il registro comprende 687 nominativi da 17 Paesi”, lamenta Alexandre Persu, professore del dipartimento di Cardiologia della clinica universitaria Saint Luc. Baltici e Paesi dell’est ancora sono lontani dall’integrazione nel registro, e questo rende impossibile avere una mappatura della situazione. “Quelle del registro comune è un’iniziativa importante, ma ci sono ancora Paesi che non lo rappresentano abbastanza”. Un problema, visto che “riteniamo che in Europa centrale e in Scandinavia la displasia fibromuscolare non sia affatto così rara”.
Il mondo tutto, Europa compresa, è alle prese da ottant’anni con un vero e proprio rompicapo. Come ricorda Heather L Gornik, membro del consiglio consultivo medico dell’ong Fmd Society of America, nel suo articolo per la rivista Vascular Medicin (n.22/2017), “sebbene la displasia fibromuscolare sia stata descritta per la prima volta nel 1938, solo nell’ultimo decennio ci sono stati importanti progressi nella comprensione di questa condizione”. Ciò nonostante, “nel 2017 rimane poco conosciuta da molti professionisti del settore medico e arrivare alla giusta diagnosi può essere difficile, anche per i pazienti che presentano sintomi di questa malattia”.
Il problema principale sta nella natura asintomatica della patologia. Molti pazienti affetti da Fmd non presentano sintomi o segni rilevabili della arteriopatia durante visite mediche. La displasia è spesso rilevata per caso, durante l’imaging medico (TC o IRM) eseguita per un altro motivo.
Il Belgio è tra i Paesi all’avanguardia. Dispone di una rete di ricerca medico-scientifica estesa e che vede protagoniste le principali università del regno: università cattolica di Lovain-la-neuve (Ucl), università cattolica di Leuven (Kul), Vrije Universiteit Brussel (Vub), università libera di Bruxelles (Ulb), università di Gent, università di Liegi (Ulg), università di Anversa. Ogni ateneo ha ospedali partner, che contribuiscono ad accrescere l’attività su una questione ancora tutta da risolvere. Alla fine della tre giorni di simposio, proprio dal Belgio, responsabile della gestione del registro comune, arriva l’invito a fare di più. A costruire quel pezzo di Europa unita ancora mancante.