Bruxelles – Sorpresa: sul fronte immigrazione i problemi non sono più alle frontiere esterne dell’Ue ma in quelle interne. Nell’ultimo anno il numero di arrivi irregolari nel territorio comunitario si è ridotto del 60% (204.719 casi registrati, rispetto ai 511.047 del 2016), ma è aumentato del 9% il numero di casi di documenti falsi o irregolari utilizzati dai richiedenti asilo per spostarsi da uno Stato membro all’altro.
Vuol dire che il problema dei controlli della gestione dei flussi non è solo relativo a Italia e Grecia, i Paesi di primo arrivo dove sbarca la maggior parte dei migranti, ma proprio di tutti gli altri Stati membri. E’ quanto emerge dal rapporto sull’analisi dei rischi redatto da Frontex, l’agenzia di guardia costiera e di frontiera dell’Ue. L’organismo europeo rileva in sostanza, un sistema di falle nell’area Schengen, visto che si parla di “movimenti secondari”, quelli cioè non da uno stato extra-comunitario verso uno comunitario, ma di quelli tra Stati membri.
Tra visti fasulli, carte d’identità falsificate, permessi di residenza fraudolenti o timbri irregolari, nel 2017 si è registrato il numero secondo numero più alto di casi di documenti irregolari dal 2013, prima cioè dello scoppio della crisi migratoria vera e propria. Cittadini di 138 nazionalità diverse hanno utilizzato carte non in regola. A fare i ‘furbi’ soprattutto marocchini (803), ucraini (801), iraniani (438) e albanesi (346). Ma la questione dei documenti falsi non è il solo problema per gli Stati membri. Il direttore generale di Frontex, Fabrice Leggeri, ravvisa a livello generale “ritardi amministrativi” nella gestione delle domande di richiesta di protezione internazionale. Un fenomeno più accentuato in Grecia, ma che a quanto pare non risparmia nessuno.
Frontex poi solleva “preoccupazioni” per un aumentano numero di rimpatri e un ridotto numero di decisioni di rimpatrio. Nel 2017 l’Agenzia ha organizzato 341 operazioni di rimpatrio attraverso voli charter, contribuendo a rimandare indietro 14.189 persone non in grado di poter rimandare su suolo comunitario perché non aventi diritto. Si tratta di un aumento del 47% dei voli rispetto al 2016, e una crescita del 32% del numero delle persone rimpatriate. Nello stesso periodo le decisioni di rimpatrio emesse dagli Stati membri è diminuita dell’8,9%, scendendo a 279.215 ordini esecutivi. Ma solo una parte di questi è stata effettivamente eseguita (151.398). “Questo è motivo di preoccupazione”, ammette Leggeri, secondo cui una politica di rimpatri “è fondamentale” per la gestione del fenomeno migratorio. Ci sono due fattori dietro questo problema tutto a dodici stelle: da una parte l’assenza di accordi di rimpatrio con tutti i Paesi terzi, cui si aggiunge la difficoltà, in caso di persone in possesso di documenti contraffatti, di essere riconosciuti, pur volendo, dai Paesi terzi. E poi, spiega ancora il capo di Frontex, “ho l’impressione che alcuni Stati membri dell’Ue non abbiano le risorse, di soldi e di personale, da mettere in campo”. Addirittura “in qualche Paese si operano tagli di bilancio”. Un problema vero, perché “se non c’è la volontà di destinare risorse e mezzi la situazione non può migliorare”.
Migliora per ora, invece, la situazione nel Mediterraneo centrale. Il numero di arrivi in Italia dalla Libia è diminuita “in modo sensibile”, e il flusso “è sotto controllo per quanto riguarda gli sbarchi”. Ma la situazione resta fragile, perché fortemente dipendente dalle dinamiche interne libiche. Al momento Frontex osserva che la rete criminale dietro ai flussi “non è in grado di operare come in precedenza”, ma su questo come su altri fronti “resta molto da fare”, avverte Leggeri.
Nonostante i miglioramenti la pressione migratoria sulle frontiere dell’Ue “resta elevata”. Anche perché permane la minaccia terroristica. Nel 2017 i foreign fighters (i miliziani di Isis provenienti da Paesi diversi da quelli medio-orientali) partiti dall’Europa per arruolarsi sono circa 5.000, e di questi il 30% ha fatto ritorno su suolo comunitario. I rischi dunque sono questi, e gli Stati membri sono invitati ad agire di conseguenza. Per Leggeri è “positivo” che nell’ambito dei negoziati preliminari sul prossimo bilancio settennale dell’Ue, per Frontex l’opzione minima sia “mantenere lo status quo”, vale a dire mantenere invariato il livello di finanziamenti. Ma bisogna velocizzare le procedure di valutazione delle richieste di asilo, investire di più a livello nazionale, smantellare i falsificatori di documenti, creare una politica estera dei rimpatri, e tenere d’occhio i foreign fighters.