Bruxelles – Resta allarmante secondo l’Unicef l’indice di mortalità neonatale nel mondo, con 2,6 milioni di neonati che non sopravvivono al primo mese di vita. In testa alla classifica il Pakistan, dove un neonato su 22 muore nell’arco di 30 giorni, mentre all’ultimo posto c’è il Giappone, dove il tasso di mortalità neonatale stimato è di 1 su 1.111. L’Italia si piazza agli ultimi posti con un una morte su 500 nati, ma non è il Paese europeo più vicino ai livelli ottimali del Giappone, primato che spetta all’Islanda (1 su 1.000 casi stimati).
A seguire il Giappone, la già citata Islanda (1 ogni 1.000) e il Singapore (1 ogni 909). Il rapporto rileva inoltre che 8 dei 10 luoghi più pericolosi in cui nascere sono in Africa sub-sahariana (Repubblica Centro Africana con una stima delle morti di 1 su 24) dove le donne incinte hanno meno probabilità di ricevere assistenza durante il parto a causa di povertà, conflitti in atto e istituzioni deboli. Chi nasce nei luoghi più rischiosi per partorire, ha 50 volte in più probabilità di morire rispetto a chi nasce nei posti più sicuri del mondo. Se ogni paese portasse il tasso di mortalità neonatale al livello del Giappone, entro il 2030 si potrebbero salvare 16 milioni di vite, stando al report dell’organizzazione.
“Mentre abbiamo più che dimezzato il numero di morti tra i bambini sotto i cinque anni nell’ultimo quarto di secolo, non abbiamo fatto progressi simili nel porre fine alle morti tra i bambini di meno di un mese”, ha detto Henrietta H. Fore direttrice esecutiva dell’organizzazione umanitaria. “Dato che la maggior parte di queste morti è prevenibile – ha aggiunto – chiaramente, stiamo fallendo con i bambini più poveri del mondo”.
Oltre l’80 per cento delle morti neonatali è dovuto alla nascita prematura, a complicazioni durante la venuta al mondo o ad infezioni come polmonite e sepsi, dice il rapporto. Queste morti possono essere prevenute dando a tutte le partorienti la possibilità di essere assistite da ostetriche ben preparate, insieme all’ uso di acqua pulita, e di disinfettanti; favorendo allattamento al seno entro la prima ora e con una buona nutrizione. Eppure, la carenza di operatori sanitari e di ostetriche professioniste, si traduce in migliaia di nascituri che non ricevono il supporto salvavita di cui hanno bisogno per sopravvivere. Ad esempio, mentre in Norvegia ( tasso di mortalità neonatale stimato ad 1 su 667) ci sono 218 medici, infermieri e ostetriche per servire 10 mila persone. In Somalia, c’è 1 medico, un operatore sanitario e un’ostetrica per 10 mila partorienti.
Questo mese, l’Unicef sta lanciando Every Child Alive, una campagna globale per chiedere e fornire soluzioni per conto di tutti i neonati del mondo. Attraverso la campagna, l’Unicef vuole lanciare un appello urgente ai governi, ai fornitori di assistenza sanitaria, ai donatori, al settore privato, alle famiglie e alle imprese per mantenere in vita ogni bambino.
“Ogni anno, 2,6 milioni di neonati in tutto il mondo non sopravvivono al loro primo mese di vita. Un milione di loro muoiono il giorno in cui nascono – spiega Fore – Bastano pochi passi di tutti noi per aiutare a garantire il primo piccolo passo di ciascuna di queste giovani vite”.