Strasburgo denuncia che è rinviata al giugno 2014 l’elaborazione di un “programma serio e coordinato” per affrontare l’emergenza. L’Aula chiede di rivedere le norme della Bossi-Fini che hanno portato a perseguire penalmente chi ha aiutato i migranti in mare
dal nostro inviato Marco Frisone
STRASBURGO – “Fare di più per prevenire stragi come quella di Lampedusa, servono misure più forti per organizzare missioni di ricerca e salvataggio”. È il Presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, a ribadirlo ancora una volta stamattina, di fronte all’Aula del Parlamento europeo a Strasburgo. Appelli che sembrano più slogan agli occhi degli eurodeputati italiani. Di queste promesse, infatti, ne hanno sentite tante, ma di misure che entrano nel merito, ancora poche.
Dopo la conferma che una politica coordinata sull’immigrazione sarà discussa soltanto nel giugno 2014, durante il semestre di presidenza italiano, Giovanni La Via (Ppe) e Salvatore Iacolino (Ppe) hanno esternato il loro disappunto. “Serve una maggiore condivisione degli oneri. La discussione di oggi ha mostrato come la Commissione sia ancora una volta ferma nonostante le sue promesse, e gli Stati membri pure” ha detto Iacolino. Secondo il deputato italiano “ci deve essere un ragionamento complessivo e più coordinato sull’immigrazione”. Sulle stesse linee Giovanni La Via, che esprime il suo rammarico per il rinvio al giugno del 2014 di un programma europeo per affrontare l’immigrazione. L’eurodeputato siciliano, auspica tuttavia che nel prossimo Consiglio “si possa arrivare a qualcosa di più”.
Un malcontento condiviso anche da diversi deputati dell’emiciclo di Strasburgo. Stamattina, infatti, Hannes Swoboda presidente del gruppo politico S&D e Guy Verhofstadt, presidente dell’Alde hanno duramente attaccato il Consiglio per la decisione di rinviare al giugno 2014 il programma sull’immigrazione. “È una vergogna” per il presidente del S&D Swoboda, “sono 15 anni che si discute su una politica d’immigrazione europea e oggi siamo ancora qui” afferma Verhofstadt.
L’Aula ha anche approvato una mozione nella quale si chiede all’Italia di “modificare o rivedere eventuali normative che infliggono sanzioni a chi presta assistenza in mare”, in pratica, con le dovute cautele diplomatiche, si parla della legge legge Bossi-Fini, chiedendo di eliminare le regole che in alcuni casi impongono di perseguire chi porta a terra migranti trovati in difficoltà in mare. Però secondo gli eurodeputati di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza e Marco Scurria “Siamo di fronte a una notizia sbagliata e una vergognosa strumentalizzazione della sinistra”. I due spiegano che “la legge Bossi-Fini non prevede in alcun modo che possano essere sanzionate le persone che prestino soccorso in mare ad immigrati in difficoltà. Per questa ragione il voto di oggi del Parlamento Europeo non può essere letto come una condanna della nostra legislazione; chi sostiene questo mente sapendo di mentire”. Scurria e Fidanza aggiungono che “non ci sono inchieste a carico dei soccorritori nel caso di Lampedusa, così come non è avvenuto in centinaia di casi accaduti da quando la Bossi-Fini è legge; è avvenuto in modo eclatante una sola volta nel 2007 nei confronti di due marinai tunisini fortemente sospettati di essere scafisti”.
Monica Frassoni, presidente del partito dei Verdi europei ed esponente di Green Italia ricorda che “l’ultima volta che il Consiglio e il Consiglio Europeo si sono occupati seriamente e in modo sistematico di migrazioni e asilo è stato nel 1999 a Tampere, ponendo una serie di obiettivi e misure da approvare e applicare. 15 anni dopo, non possiamo che constatare che solo una parte degli aspetti più repressivi di quella strategia sono stati realizzati e che tragedie come quella di Lampedusa non solo non sono state evitate, ma sono in gran parte generate da politiche concentrate esclusivamente sulla priorità di tenere fuori migranti e i richiedenti asilo”. Secondo Frassoni, a dipetto di molti tentativi di intervenire “non è una generica ‘Europa’ che non agisce, ma lo strapotere dei veti nazionali e la maggioranze di centro-destra che impediscono l’azione”. “Anche in materia di asilo – conclude -, la UE ha tutte le competenze e i mezzi per agire. 15 anni fa si è deciso di mettere in piedi un sistema comune: ma 20.000 morti dopo, ancora non ci siamo”.