Bruxelles – Un piede ancora dentro e un altro già fuori. I ministri del consiglio Affari generali dell’Ue stabilisce le condizioni per un accordo transitorio per il Regno Unito, quello che permetterà a Londra di rimanere provvisoriamente ancorato all’Europa anche dopo l’uscita dall’Unione europea, in attesa della definizione di nuove relazioni col resto del continente. I britannici effettueranno formalmente la Brexit il 30 marzo 2019, ma è stato concesso loro tempo fino al 31 dicembre 2020, e “non oltre”, per un periodo di transizione dall’attuale rapporto con l’Unione a quello che sarà poi. Con le linee guida approvate oggi i ministri dei Ventisette non fanno sconti: fino alla fine del 2020 i britannici resteranno legati all’intero quadro normativo comunitario senza poter partecipare al processo decisionale. Non potranno condurre politiche commerciali con altri Paesi se non lo autorizzerà previamente l’Ue, e non potranno nominare connazionali in figure apicali di agenzie o istituzioni. Londra avrà quindi tutti gli obblighi, e ma non proprio tutti i diritti.
Prima di tutto si mette nero su bianco che “ogni regime transitorio previsto nell’accordo di ritiro dovrebbe coprire l’intero impianto giuridico dell’Unione, comprese le questioni Euratom”. Ogni modifica delle regole comunitarie si applicherà “automaticamente” anche al Regno Unito per tutto il periodo transitorio. Non solo. Il Regno Unito gode attualmente della facoltà di non decidere se partecipare o meno a politiche comuni in materia di libertà, sicurezza e giustizia. E’ stato stabilito che tra marzo 2019 e dicembre 2020 a Londra non dovrà essere più permesso di avvalersi di tale facoltà in tutte le nuove iniziative in queste aree. Non vengono cancellati attuali status speciali, ma si vuole evitarne di nuovi. Finché la Brexit non avverrà davvero, il Regno Unito “dovrà rimanere vincolato agli obblighi derivanti dagli accordi conclusi dall’Unione, senza più partecipare in nessuno degli organismi istituiti da tali accordi”.
Anche da un punto di vista interno farà fede la supremazia del diritto comunitario, che i ministri dei Ventisette, vorrebbero “preservata” fino alla fine. Una direttiva politico-negoziale che si riflette nel paragrafo in cui si precisa che “durante il periodo di transizione, il Regno Unito non può essere vincolato da accordi internazionali stipulati a titolo nazionale nei settori di competenza del diritto dell’Unione, a meno che non siano autorizzati a farlo dall’Unione”. Come spiega il negoziatore capo dell’Ue per la Brexit, MIchel Barnier, Londra potrà avviare trattative, ma non potrà attuare accordi commerciali prima della fine del 2020. “Il 30 marzo 2019 il Regno Unito sarà fuori da 750 trattati, e comprendiamo che vogliano del tempo per negoziare. Ma nessuno accordo con Paesi terzi potrà entrare in vigore prima della fine dell’accordo transitorio se l’Ue non vorrà”.
Sarà sempre l’Ue a stabilire se e quando i britannici potranno partecipare a riunioni di gruppi d’esperti o di agenzie. “La regola generale” fissata dai ministri per gli Affari europei riuniti a Bruxelles, stabilisce che durante il periodo transitorio i britannici “non parteciperanno alle riunioni” di vario livello tenute per assumere impegni e prendere decisioni. “Eccezionalmente” potranno essere invitati “a seconda del caso” ad assistere, ma senza diritto di voto. Ciò è previsto in due sole circostanze, in caso di discussioni che riguardano singoli atti da indirizzare al Regno Unito o alle persone fisiche o giuridiche del Regno Unito, o nel caso in cui la presenza dei britannici sia “necessaria e negli interessi dell’Unione”.
Il consiglio dell’Ue, nel preambolo alle linee guide di fresca adozione, ricorda quali sono le linee rosse per l’Unione europea in questa partita negoziale: il mercato unico va rispettato in pieno nelle sue libertà fondamentali di circolazione, e inoltre va preso nella interezza. Vuol dire che non si possono scegliere solo alcune aree di partecipazione. E poi la necessità di non chiudere le frontiere con l’Irlanda, e quella di tutelare i diritti dei cittadini. Qui, in particolare, si pone l’accento sulla necessità che “le disposizioni della parte relativa ai diritti dei cittadini dell’accordo di ritiro dovrebbero applicarsi a partire dalla fine del periodo di transizione”.
Il post- transizione sarà oggetto di discussioni tra le parti da marzo, ha ricordato al termine dei lavori il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei, Sandro Gozi. Per quella data “si parlerà delle future relazioni, e spetta a chi ha deciso di uscire dire come intendono cooperare”. L’auspicio dell’Italia è che si arrivi a “relazioni strette” con Londra.