Bruxelles – L’inflazione sta continuando nel suo percorso di decrescita, e le politiche monetarie stanno contribuendo a contenere sempre di più il costo della vita. Ci sono in sostanza le condizioni per rimettere mano ai tassi di interesse, e il consiglio direttivo della Banca centrale europea opera un nuovo taglio dello 0,25 per cento. Dal 23 aprile, dunque, il tasso di interesse sui depositi presso la banca centrale scenderà al 2,25 per cento, il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento passerà al 2,4 per cento e il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale scende a quota 2,65 per cento. Con la riduzione del tassi di interesse operata oggi (17 aprile) la Bce taglia per la terza volta in quattro mesi, la settima dal 2024.
A Francoforte si vedono, al netto delle tensioni commerciali innescate dalle scelte della nuova amministrazione statunitense, condizioni favorevoli. Innanzitutto “il processo disinflazionistico è ben avviato“, recita la nota di accompagnamento delle decisioni prese. L’andamento dell’inflazione ha continuato a rispecchiare le attese degli esperti. Più nello specifico a marzo sono diminuite sia l’inflazione complessiva sia quella di fondo, e anche l’inflazione dei servizi ha segnato una marcata attenuazione negli ultimi mesi. Insomma, “le misure dell’inflazione di fondo suggeriscono perlopiù che l’inflazione si attesterà stabilmente intorno all’obiettivo del 2 per cento a medio termine”. Da qui la scelta di intervenire nuovamente sui tassi.
“La decisione è stata unanime“, assicura la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde. L’ipotesi di un taglio più sostanzioso, di mezzo punto, è stata evocata, ma non si è ritenuto di procedere in tal senso. Perché fattori di incertezza non mancano. Al contrario, “sono aumentati”. Guardando all’immediato futuro, “le prospettive di espansione si sono deteriorate a causa delle crescenti tensioni commerciali“. Vuol dire meno consumi e meno investimenti. Per Lagarde “è probabile che la maggiore incertezza riduca la fiducia di famiglie e imprese e che la risposta avversa e volatile dei mercati alle tensioni commerciali determini un inasprimento delle condizioni di finanziamento”. Tutti fattori, questi, che “possono gravare ulteriormente sulle prospettive economiche per l’area dell’euro”.

Il nodo della difesa
In questo contesto misto di processo di disinflazione sulla buona strada e incertezze legate a tensioni commerciali e geopolitiche, c’è un ulteriore fattore di incertezza che può tramutarsi in opportunità come in effetto boomerang per l’Ue e la sua eurozona: è la difesa. Lagarde sostiene che da una parte “un aumento della spesa per la difesa e le infrastrutture contribuirebbe alla crescita” economica e, di conseguenza, al positivo sviluppo occupazionale e di competitività. Allo stesso tempo, però, bisogna fare attenzione, perché “un aumento della spesa per la difesa e le infrastrutture potrebbe anche aumentare l’inflazione nel medio termine”, vanificando i progressi fatti fin qui.
Avanti giorno per giorno
“Mai come in questo momento le nostre decisioni saranno basate sui dati disponibili e prese volta per volta”, sottolinea ancora Lagarde. Le incertezze sono tante, e difficili da ‘navigare’. E’, in pratica, anche esercitarsi in prospettive. “La sospensione dei dazi vale fino al 14 luglio, e fino a quel momento dobbiamo vedere che succede”. E poi ci sono elezioni (le politiche in Portogallo il 18 maggio), e nuovi governi (il nuovo esecutivo della Germania si insedierà a maggio). “Avremo un quadro più chiaro nei prossimi mesi“, taglia corto Lagarde.