Bruxelles – L’integrazione militare europea può e deve essere un obiettivo da raggiungere, ma la priorità va data all’industria del settore. La chiave per l’immediato futuro dell’Ue è qui, nelle scelte necessarie da compiere senza cedere a pulsioni. “L’esercito comune europeo è un percorso ideale, in questo momento non credo sia immaginabile trasferire le nostre forze armate sotto il comando europeo”, premette il sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago, convinto che “quello che serve oggi è rafforzare la nostra capacità, la competitività delle nostre aziende“.
Il sottosegretario alla Difesa traccia la rotta in occasione dell’evento Connact Defence & Security 2025, dal titolo “Difesa comune europea: finanziamenti e integrazione industriale”, organizzato da Connact, la piattaforma di eventi che favorisce il confronto tra soggetti privati e istituzioni attraverso momenti di incontro e networking, rappresenta proprio uno spazio di discussione in questo senso.
“Ci sono troppi caccia e troppi diversi”, lamenta Perego di Cremnago per cercare di spiegare come e quanto la coesistenza di 27 sistemi diversi non sia compatibile né sostenibile con le mutate necessità dettate dai mutati scenari internazionali. “L’ottimo è nemico del bene”, sottolinea. “Iniziamo a fare quello che serve“. Declinato in termini di integrazione, vuol dire lasciare sullo sfondo il sogno di un esercito comune europeo, comunque cullato in seno alla maggioranza del governo italiano, per concentrarsi su obiettivi raggiungibili più nell’immediato.
“La cosa più giusta credo sia rafforzare la capacità dei singoli Stati, la cooperazione industriale“, insiste il sottosegretario alla Difesa, il cui ‘credo’ riguarda anche il Paese. “Da soli come italiani non possiamo competere, soprattutto se pensiamo ai grandi Paesi”, dice citando Russia, Cina e ancor più India. In quest’ultimo Paese, sottolinea e ragiona, “ci sono 700 milioni di persone con l’età media di 25 anni, chissà quanti ingegneri produrrà” lo Stato indiano. La sfida è anche questa, in un’Europa dove la forza lavoro qualificata scarseggia e la popolazione invecchia esponendola a debolezze economiche strutturali.
Il governo accetta questa e le altre sfide legate alla nuova agenda per la difesa. “Noi sosteniamo un programma di rafforzamento della nostra difesa“, sottolinea ancora Perego di Cremnago, convinto che le iniziative della Commissione europea vadano nella giusta direzione. “Il piano per la preparazione al 2030 va a toccare cose che vanno rafforzate, quali nuove tecnologie e difese aeree, e dall’altra impone di aumentare il livello di investimenti”.
Il compito non è di quelli semplici. “Difesa non può essere intesa come deperimento del welfare“, e allo stesso tempo, riconosce il sottosegretario alla Difesa, rilanciare l’industria del settore e l’integrazione industriale europea del settore vuol dire “investire risorse ingenti in un mondo dove le obsolescenze sono più frequenti”. Perché, evidenzia, “un drone oggi dopo sei mesi è obsoleto”. Inoltre occorre creare un circuito tutto nuovo che richiede l’assorbimento di attori produttivi ‘esterni’. “All’innovazione concorrono anche quelle aziende che normalmente non hanno a che fare con la difesa ma che possono portare innovazione tecnologica”.