Bruxelles – Dopo la giravolta trumpiana sui dazi e il conseguente passo indietro di Bruxelles, ora è tempo di sedersi di nuovo a un tavolo. Ci sono tre mesi di tempo per trovare un accordo ed evitare altri momenti di panico come quelli vissuti negli ultimi giorni sulle due sponde dell’Atlantico. Forte del passo falso di Washington, ora Ursula von der Leyen affila le unghie e mette in guardia Donald Trump: in caso di negoziati “non soddisfacenti”, l’Ue è pronta a colpire le big tech statunitensi che fanno affari in Europa.
In un’intervista al Financial Times, la presidente della Commissione europea ha avvertito la Casa Bianca del rischio di un’escalation in caso di fallimento dei colloqui. L’Ue sarebbe pronta a rilanciare e ad estendere la guerra commerciale alle esportazioni di servizi, imponendo ad esempio una tassa sui ricavi della pubblicità digitale a colossi come Meta, Google e X. Bruxelles ha i mezzi per farlo: il cosiddetto ‘bazooka’ europeo, lo strumento anti-coercizione entrato in vigore nel dicembre 2023 ma ancora mai utilizzato, che mette a disposizione dei 27 – in caso di minacce commerciali deliberate di Paesi terzi – un ventaglio di contromisure che vanno dall’imposizione di dazi alle restrizioni al commercio dei servizi e agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale, fino a restrizioni all’accesso agli investimenti diretti esteri e agli appalti pubblici.
“C’è una vasta gamma di contromisure”, ha ammesso von der Leyen. Anche se, in origine, tale strumento era stato ideato soprattutto per rispondere alle pressioni cinesi e russe. Nessuno a Bruxelles avrebbe immaginato di poterlo rispolverare contro l’alleato di sempre. E infatti, ha chiarito la leader Ue, la priorità è cercare un accordo “completamente equilibrato” con Washington in questa finestra di 90 giorni. Nelle guerre commerciali “non ci sono vincitori, solo perdenti”, ha ribadito per l’ennesima volta von der Leyen al Ft.

Bruxelles ha individuato chiaramente il tallone d’Achille degli Usa, da mettere sul piatto per forzare i negoziati. L’amministrazione americana, nei calcoli sgangherati da cui ha partorito l’entità dei dazi da imporre al resto del mondo, conta solo lo scambio di merci. Ma lascia consapevolmente da parte il mercato dei servizi: per quanto riguarda l’Ue, se è vero che nel 2023 Bruxelles ha registrato un surplus commerciale di 157 miliardi di euro con Washington in termini di beni, la bilancia dello scambio di servizi segna un deficit europeo di 109 miliardi di euro nei confronti degli Stati Uniti.
“Le aziende che offrono servizi fanno buoni affari in questo mercato. E la stragrande maggioranza dei servizi, l’80 per cento dei servizi, proviene dagli Stati Uniti. Quindi, ancora una volta, vogliamo una soluzione negoziata che sia la migliore per noi, per tutti noi”, ha avvertito von der Leyen. Al tavolo delle trattative, Bruxelles potrebbe giocare la carta di una tassa sui ricavi pubblicitari dei servizi digitali, applicata in tutto il mercato unico. D’altra parte, la presidente dell’esecutivo Ue ha escluso di poter fare concessioni sulla revisione di normative “intoccabili”, come quelle appunto che regolano il mercato dei servizi digitali. E ha messo in chiaro che Bruxelles non negozierà nemmeno sull’Iva: “Queste non sono nei pacchetti di negoziazione perché sono decisioni sovrane”, ha spiegato al Ft.
Nell’arco di 90 giorni, con l’imprevidibilità della Casa Bianca, può succedere di tutto. Per questo von der Leyen ha voluto fissare la propria posizione di partenza per le trattative. E l’impressione è che, dopo il clamoroso passo indietro, Trump assomigli un po’ di più al cane che abbaia ma non riesce a mordere. E von der Leyen mostra i denti.