Bruxelles – Dopo mesi di speculazione, forse sta per arrivare il temuto disimpegno di Washington dal Vecchio continente. Al Pentagono si starebbe valutando un ritiro massiccio di soldati statunitensi dai confini orientali della Nato, potenzialmente fino a 10mila unità tra quelle fatte arrivare in Europa dall’amministrazione Biden dopo l’aggressione russa dell’Ucraina.
Stando a quanto riportato da Nbc News, i funzionari statunitensi ed europei starebbero discutendo i dettagli della proposta, che dovrà venire adottata dal dipartimento della Difesa in un secondo momento. Non sarebbe ancora stata decisa la quantità di truppe a stelle e strisce che verrebbero ritirate: si sa, tuttavia, che si tratterà di ridurre la dimensione dei contingenti inviati nel 2022 dall’allora presidente Joe Biden nei membri Nato più vicini alla Russia. Tre anni fa, dopo che la Federazione invase su larga scala l’Ucraina, la Casa Bianca schierò 20mila unità lungo il fianco orientale dell’Alleanza. Secondo le indiscrezioni, fino a 10mila soldati potrebbero essere presto ritirati da Polonia e Romania.
La riduzione dell’impegno statunitense in Europa dovrebbe liberare risorse finanziarie non indifferenti, in un momento in cui il Pentagono sta subendo – come tutte le agenzie governative degli Stati Uniti – significativi tagli al proprio bilancio. Inoltre, l’iniziativa è coerente con la volontà di Donald Trump di alleggerire la presenza Usa nel Vecchio continente (circa 80mila militari) e di spingere parallelamente gli alleati d’oltreoceano ad assumersi una maggiore responsabilità per la propria sicurezza, per consentire a Washington di concentrarsi sulla sfida strategica con Pechino.

E rispecchia l’inequivocabile cambiamento nei rapporti col Cremlino, almeno rispetto alle posizioni della precedente amministrazione. Trump sta spingendo da tempo perché i due belligeranti raggiungano un accordo sul cessate il fuoco, ma nelle ultime settimane la sua offensiva diplomatica sembra essersi impantanata di fronte alle reticenze di Mosca e ai dubbi di Kiev. Per forzare gli ucraini ad accettare compromessi negoziali, aveva addirittura sospeso gli aiuti militari e la condivisione delle informazioni d’intelligence, per poi riavviare entrambi. Il prossimo 11 aprile, il segretario di Stato alla Difesa Pete Hegseth non parteciperà in presenza alla riunione del Gruppo di contatto per l’Ucraina che si terrà a Bruxelles.
Ma la nuova linea dettata dal tycoon newyorkese non è gradita a tutti, nemmeno sull’altra sponda dell’Atlantico. Il generale Chris Cavoli, comandante alleato supremo della Nato nonché capo del Comando europeo federale, ha dichiarato di aver “sempre raccomandato di mantenere le forze che abbiamo inviato” lungo il confine orientale dell’Alleanza, sottolineando che per quanto lo riguarda “pianifico di mantenerle” lì dove si trovano, al netto delle rotazioni periodiche. Un disaccordo non da poco su una questione cruciale per l’architettura della sicurezza di questa parte di mondo, tra due pezzi da novanta della superpotenza militare planetaria.
Nel frattempo, in Europa si prova a muovere i primi passi in autonomia, pur continuando a tirare per la giacca la Casa Bianca. Dopo innumerevoli incontri della coalizione dei volenterosi, i ministri delle Finanze dei Ventisette discuteranno a Varsavia dell’istituzione di un nuovo fondo ad hoc per il riarmo continentale insieme ai loro omologhi di Regno Unito, Norvegia e Svizzera. La sfida, per il Vecchio continente, è esistenziale: essere in grado di difendersi senza l’ombrello protettivo dello zio Sam.
Di questi e altri temi legati alla Difesa si parlerà il 15 aprile a Roma nell’evento della serie Connact “Difesa comune europea: finanziamenti e integrazione industriale“.