Bruxelles – La strada per la cancelleria di fronte a Friedrich Merz potrebbe essere più ripida del previsto. Il vincitore delle elezioni dello scorso febbraio sta facendo i conti con la fronda interna alla Cdu, guidata dall’ala giovanile del partito, mentre nei sondaggi i cristiano-democratici stanno perdendo terreno a favore dell’ultradestra di AfD. Soprattutto, al leader conservatore viene contestata un’apertura di credito giudicata eccessiva nei confronti dei socialdemocratici, i futuri partner di governo.
La svolta epocale (Zeitenwende) voluta da Friedrich Merz potrebbe costargli caro. Lo scorso 18 marzo ha forzato la mano al Bundestag facendo approvare ai deputati della legislatura uscente il maxi-pacchetto da 500 miliardi di euro per la ripresa economica della Germania, che includeva la storica riforma del freno al debito (Schuldenbremse) per le spese militari.
Il problema, per Merz, sta nel fatto che questa riforma costituzionale rappresenta un’inversione a “U” rispetto alle posizioni tradizionalmente rigoriste dell’Union (l’insieme dei due partiti gemelli cristiano-democratici, la Cdu e la Csu bavarese) in materia di bilancio, aprendo ad un indebitamento potenzialmente illimitato. Rigorismo che, peraltro, lo stesso leader conservatore aveva difeso in campagna elettorale, venendo premiato dalle urne.
Al contrario, erano stati proprio i socialdemocratici dell’Spd, guidati dal cancelliere uscente Olaf Scholz, a sostenere di fronte agli elettori la necessità di assumere nuovo debito, superando i rigidi vincoli costituzionali sul pareggio di bilancio. Così, il cambio di passo imposto da Merz per accelerare la formazione del prossimo esecutivo – una “grande coalizione” tra Union ed Spd – è stata vissuta da una parte del suo stesso partito non solo come un tradimento politico ma anche come una resa ai socialisti nel contesto dei negoziati in corso.
Johannes Winkel, il capo dell’ala giovanile del partito (Junge Union), ha dichiarato alla stampa tedesca che “non possiamo continuare come prima” e che la credibilità del cancelliere in pectore e dell’intera Union è a repentaglio, “soprattutto per quanto riguarda i temi chiave delle elezioni; migrazione, economia, riduzione della burocrazia“. Winkel, che fa pare del board della Cdu, si è spinto fino a minacciare un voto contrario all’accordo di coalizione con l’Spd se questo non conterrà le rivendicazioni identitarie dei conservatori. “Se entriamo in una coalizione senza i cambiamenti politici promessi e attesi, il Paese subirà un danno enorme”, ha osservato.
Anche alcuni membri della sezione di Colonia della JU hanno espresso il loro disappunto al futuro cancelliere federale in una lettera aperta: “Signor Merz, credevamo nella sua leadership politica“, si legge nella missiva. “Ci siamo fidati di lei e abbiamo combattuto per lei”, continuano i firmatari, per poi chiedersi se tanto sforzo sia stato profuso “per una Cdu che si sottomette al mainstream di sinistra“.

In realtà, i colloqui tra i futuri partner di governo sono stati sospesi giusto ieri (7 aprile) per lasciare spazio ad una sorta di cabina di regia, sempre tra Union ed Spd, dedicata a definire la risposta ai dazi doganali imposti da Donald Trump. Secondo Merz, è prioritario che i negoziati mettano al centro la questione di come far “recuperare la competitività” alla Germania in questa delicata congiuntura economica, dopo oltre due anni di recessione economica.
Il leader della Cdu ha fretta di dare il cambio a Scholz come Bundeskanzler e vorrebbe finalizzare l’accordo di coalizione entro Pasqua, ma non è chiaro se per allora si sarà trovata una quadra. Devono ancora essere aperti i dossier più controversi: migrazione, tasse e politiche sociali. Ma nel nuovo emiciclo, quella rosso-nera è l’unica maggioranza possibile. A meno, ovviamente, di collaborare con l’ultradestra xenofoba e filorussa di Alternative für Deutschland (AfD), qualcosa che Merz ha già dimostrato di non disdegnare in sede parlamentare, pur avendo escluso di volerci formare un governo.
Del resto, proprio dal partito di Alice Weidel e Tino Chrupalla è giunta l’ennesima insidia all’Union. Per la prima volta nella storia della Repubblica federale, nei sondaggi un partito della destra radicale si è piazzato alla pari con una forza politica mainstream, al 24 per cento dei consensi. Guardando ai dati aggregati di varie rilevazioni, si vede che i cristiano-democratici sono al massimo un paio di punti avanti all’AfD: una discesa di 2-3 punti percentuali rispetto ai risultati delle elezioni per i primi, una crescita parallela per i secondi. E una bruciante sconfitta, anche se solo virtuale, per la leadership di Merz.