Bruxelles – La frattura sul rinvio degli obblighi di sostenibilità per le aziende europee era solo un fuoco di paglia. Due giorni dopo l’ok dell’Eurocamera sul ricorso alla procedura d’urgenza, con annesse polemiche da Socialdemocratici e Verdi, lo strappo è ricucito nel nome della semplificazione: tutti a bordo – fatta eccezione per il gruppo della Sinistra europea e una minoranza di eurodeputati ecologisti – e la proposta della Commissione europea di rimandare di due anni l’applicazione della direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità (Csrd) e di un anno quella sulla due diligence aziendale (Csddd) passa con una larghissima maggioranza.
La cosiddetta ‘Stop the clock’, contenuta nel più ampio pacchetto di semplificazione Omnibus I presentato dall’esecutivo Ue lo scorso 26 febbraio, è stata approvata con i voti di sovranisti (Esn), patrioti (PfE), conservatori (Ecr), popolari (Ppe), liberali (Renew), socialisti (S&d) e di oltre la metà dei verdi. In totale, 531 voti a favore, 69 contrari e 17 astensioni. Ora, perché le norme vengano rimandate al 2027 e al 2028, manca solo il via libera formale dei Paesi membri, che si sono già espressi a favore una settimana fa. A quel punto, i co-legislatori metteranno le mani sul vero nucleo del pacchetto Omnibus I, quello relativo all’alleggerimento dei contenuti e dei requisiti per le aziende stabiliti dalle direttive.

La crisi denunciata solo due giorni fa dalla capogruppo socialista, Iratxe Garcia Perez, per la mancanza di un accordo di cooperazione con il Ppe che scongiurasse un’eccessiva deriva a destra, è rientrata. “Oggi le forze europeiste – il Partito popolare europeo, il gruppo S&D, Renew Europe e i Verdi – hanno gettato le basi per una cooperazione duratura, al fine di garantire stabilità democratica e prevedibilità ai nostri cittadini e alle nostre imprese”, ha affermato la famiglia socialista in un comunicato a margine del voto. L’accordo raggiunto “dopo giorni di negoziati” impegna i quattro gruppi “a cooperare per il bene comune dei nostri cittadini, delle nostre imprese e del nostro pianeta“.
Poco importa, se questo significa portarsi nel carrozzone anche i voti dell’estrema destra, da Ecr ai sovranisti, che non vedono l’ora di annacquare gli obblighi di monitoraggio, mitigazione e rendicontazione di sostenibilità per le aziende europee faticosamente approvati al termine della scorsa legislatura. Perché, grazie all’intesa raggiunta prima del voto, “chiederemo conto al Ppe dei suoi impegni, assicurandoci che la semplificazione non avvenga a scapito degli standard di sostenibilità e che le forze pro-Ue cercheranno un compromesso per raggiungere questo equilibrio cruciale”, assicurano i socialisti.
La copresidente dei Verdi, Terry Reintke, ha confermato l’accordo sul pacchetto Omnibus nel nome della “stabilità al Parlamento europeo” e della “prevedibilità per le aziende”. I quattro gruppi “si impegnano a lavorare in modo costruttivo in tutte le fasi del processo di negoziazione”, ha aggiunto con un post su X. Nelle file dei Verdi, le defezioni sono state però parecchie: il gruppo si è spaccato, con 28 voti a favore del rinvio delle norme, 20 contrari – tra cui i quattro della delegazione italiana di Avs – e 4 astenuti.
In realtà la fiducia del fronte progressista nelle intenzioni del Ppe, che sa di poter contare su una maggioranza alternativa a destra e che non ha mai nascosto la propria intenzione di ridurre gli oneri per le imprese anche a costo di allargare le maglie dei vincoli ambientali e sociali, vacilla. Ma socialisti e verdi hanno le mani legate, è la dura legge dei numeri attuali dell’Eurocamera. In effetti Tomas Tobé, eurodeputato popolare responsabile per l’Omnibus, si è limitato ad affermare: “Le forze costruttive in Parlamento sono pronte a iniziare a lavorare su misure di semplificazione reali che aumenteranno la competitività dell’Europa a lungo termine”. Evitando saggiamente di sottolineare garanzie sugli standard di sostenibilità.
Per ora, gli obblighi di monitoraggio e mitigazione dell’impatto negativo delle proprie attività sui diritti umani e sull’ambiente su tutta la catena di approvvigionamento si dovrebbero applicare alle aziende con oltre 3 mila dipendenti e un fatturato netto superiore a 900 milioni di euro. E le norme sulla rendicontazione di sostenibilità per tutte le imprese, anche le Pmi.