Dall’inviato a Strasburgo – L’Ue prova a dare nuova linfa alla sua politica di coesione, il principale capitolo di spesa del bilancio comunitario destinato allo sviluppo regionale che nell’attuale periodo di programmazione (2021-2027) vale oltre 390 miliardi di euro. Lo fa incentivando gli Stati membri a riprogrammare l’uso dei fondi europei, spostandoli verso le nuove priorità dell’Unione nel mutato contesto geopolitico globale.
Cinque le priorità illustrate oggi (1 aprile) da Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo della Commissione con deleghe alla Coesione e alle riforme, per la revisione di medio termine della politica di coesione Ue: competitività, difesa (con attenzione particolare alle regioni lungo il confine orientale), alloggi, resilienza idrica e transizione energetica.
Parlando dalla plenaria dell’Eurocamera a Strasburgo, il commissario meloniano ha sottolineato che “gli attuali programmi sono stati discussi tra il 2019 e il 2022, l’accordo di partenariato è stato firmato nel 2022 e l’attuazione sta iniziando ora”, ma che “da allora il mondo è cambiato in modo significativo” e vanno rivisti gli obiettivi strategici della spesa comunitaria. La proposta legislativa andrà ora discussa ed approvata dai co-legislatori comunitari, Parlamento e Consiglio.
Il piano, sostengono dal Berlaymont, è piuttosto generoso. I progetti legati alle cinque priorità potranno godere di tassi di prefinanziamento del 30 per cento nel 2026 e di un co-finanziamento fino al 100 per cento da parte di Bruxelles. Se le risorse ridirezionate supereranno il 15 per cento dell’importo complessivo destinato ai programmi in questione, l’Ue metterà sul tavolo un ulteriore 4,5 per cento di prefinanziamento (che diventa 9,5 per cento nel caso delle regioni orientali). I governi nazionali dovrebbero individuare entro giugno i progetti dei rispettivi Pnrr che rischiano di non venire completati entro la loro scadenza naturale, nell’agosto 2026, e valutare la riallocazione dei fondi inutilizzati verso le priorità di cui sopra.
Nello specifico, per quanto riguarda il settore della difesa – attorno a cui si erano concentrate le polemiche, a livello sia europeo sia italiano – si prevede la creazione di due obiettivi dedicati all’interno di altrettanti strumenti, cioè il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Erdf nell’acronimo inglese) e il Fondo per la transizione giusta (Jtf). Da un lato, lo spostamento delle risorse attualmente dedicate ad occupazione e crescita verso il potenziamento delle capacità produttive nell’ambito della difesa; dall’altro, il sostegno alla costruzione di infrastrutture strategiche a duplice uso, militare e civile. La Commissione presenterà una proposta legislativa per inserire anche la difesa tra i “settori strategici” individuati dalla piattaforma Step, dedicata alle tecnologie pulite.
Oggi la #Commissione ha approvato la proposta per la modernizzazione della politica di coesione.
Cinque nuove priorità: competitività, difesa, gestione idrica, efficienza energetica, politiche abitative per rispondere alle diverse esigenze delle regioni europee. Dalle regioni… pic.twitter.com/bBkMsfZleA— Raffaele Fitto (@RaffaeleFitto) April 1, 2025
Bruxelles esorta i Ventisette a raddoppiare inoltre i fondi per l’edilizia abitativa a prezzi accessibili (da 7,5 a 15 miliardi) e ad aumentare quelli per la resilienza idrica (attualmente ammontano a 13 miliardi), volti a far fronte tanto alle sfide poste dalla siccità quanto a quelle dovute alle alluvioni e ai fenomeni meteorologici estremi. Quanto alla transizione energetica, i progetti relativi alla costruzione dei cosiddetti interconnettori e dei relativi sistemi di trasmissioni, così come le infrastrutture di ricarica, potranno essere finanziati coi fondi di coesione.
Tutto questo, ha ripetuto instancabilmente Fitto, accadrà in ogni caso su base volontaria e rispetterà “le esigenze specifiche dei territori“. Saranno le cancellerie a decidere in autonomia se far uso della flessibilità offerta loro da Bruxelles a seconda delle sfide che le loro regioni si trovano ad affrontare, ma non saranno obbligate a rivedere i propri progetti di coesione. Inoltre, ha rimarcato, non ci sarebbe alcuna “pseudo-centralizzazione dei fondi di coesione”, come avevano anticipato negli scorsi mesi alcune indiscrezioni giornalistiche.
Le reazioni non hanno tardato a fioccare e sono tutt’altro che unanimi. La presidente del Comitato delle regioni, Kata Tüttő, ha accolto positivamente il fatto che Fitto “ha ascoltato i leader locali e regionali”, i quali avevano chiesto “strumenti flessibili” per investire in “alloggi a prezzi accessibili, resilienza idrica, sicurezza energetica e preparazione locale in tempi di crisi, compresa la difesa e tutte le dimensioni della sicurezza”.
Meno entusiasta Valentina Palmisano, eurodeputata del M5s che siede nella commissione Regi: la revisione proposta da Fitto “puzza di fregatura perché tra l’altro sulla mobilità militare è previsto il finanziamento dell’Ue al 100%, mentre su altri capitoli di spesa, come scuola, sanità e lavoro, il cofinanziamento nazionale permane”. Si tratterebbe, dice, di trasformare i fondi di coesione “in uno strumento al servizio dell’industria della difesa e della militarizzazione dell’economia europea“, una mossa che bolla come “masochistica”.