Bruxelles – L’Unione europea sta per mettere nel cassetto due importanti direttive relative al Green Deal, faticosamente approvate prima del cambio di legislatura, nel nome della semplificazione. Dopo il via libera dei Paesi membri al rinvio di due anni degli obblighi di rendicontazione sociale e ambientale (CSRD) e di un anno delle norme di vigilanza in materie di sostenibilità, ora tocca all’Eurocamera, che la prossima settimana si esprimerà sull’ok alla procedura d’urgenza e – in caso di voto positivo – sulla proposta di rinvio.
I gruppi politici stanno negoziando. Non tanto sullo spostare in là l’applicazione delle direttive, su cui sono ormai tutti d’accordo, ma sulle modifiche sostanziali alle norme, già messe sul piatto dalla Commissione europea con il pacchetto di semplificazione “Omnibus I”, lo scorso 26 febbraio. Nel pacchetto infatti non c’è solo la proposta rinominata ‘Stop the clock’, che congela le scadenze per uniformarsi alle direttive: Omnibus include anche una proposta di alleggerimento del contenuto e dei requisiti dei doveri di diligenza e della rendicontazione in materia di sostenibilità.
Il Consiglio dell’Ue, dando il beneplacito al rinvio urgente delle direttive, ha sottolineato che “un eventuale rapido accordo tra i colegislatori concederà loro il tempo per concordare modifiche sostanziali alla CSRD e alla CSDDD”. In sostanza, l’esecutivo Ue ha proposto di rimuovere circa l’80 per cento delle imprese dallo scopo della direttiva sulla rendicontazione societaria di sostenibilità, per concentrarsi sulle imprese più grandi e con il più forte impatto su ambiente e società. Una proposta, questa, che divide i gruppi politici della ‘maggioranza Ursula’.

È utile riavvolgere il nastro: le due leggi hanno avuto un percorso travagliato, con passi indietro dei Paesi membri ad accordo già raggiunto e tentativi di annacquamento a posteriori. Alla fine, i colegislatori hanno stabilito che le norme sulla rendicontazione sociale si applicheranno a tutte le grandi imprese, quotate in borsa o meno, e in un momento successivo anche alle piccole e medie imprese quotate. Più complesso il discorso per i requisiti sul monitoraggio e la mitigazione dell’impatto negativo delle aziende su tutta la catena di attività industriale, da cui dopo negoziati estenuanti sono già state escluse le aziende con meno di mille dipendenti e 450 milioni di fatturato.
La proposta di rinvio prevede che la CSRD venga osservata a partire dal 2027 (anziché da quest’anno) e la CSDDD dal 2028 (anziché dal 2027). Ecco perché Bruxelles sta procedendo a ranghi serrati, perché l’applicazione delle direttive è già dietro l’angolo. Martedì (1 aprile) gli eurodeputati decideranno con un voto per alzata di mano se applicare la procedura d’urgenza ed esprimersi sul rinvio – questa volta per appello nominale – già due giorni dopo, giovedì 3 aprile.
Il Partito Popolare Europeo, primo gruppo all’Eurocamera e perno di qualsiasi maggioranza, è stato chiaro: non si fermerà ad un semplice slittamento temporale. “Cambieremo questi standard, c’è un’ampia maggioranza in Parlamento che vuole semplificarli“, ha dichiarato oggi Daniel Köster, portavoce dei cristiano democratici. Köster ha aggiunto che “ci sono stati colloqui positivi” con diversi gruppi politici, precisando che il Ppe “sta cercando una maggioranza al centro del Parlamento”. A partire dai socialdemocratici, che però non vedono di buon occhio un’eccessiva deregolamentazione e che – per sostenere il rinvio delle due direttive green – vorrebbero garanzie sulle modifiche successive.

“Stiamo negoziando, siamo costruttivi e ottimisti che raggiungeremo un accordo”, afferma il gruppo S&d. L’eurodeputato del Partito Democratico, Brando Benifei, ha spiegato che è in corso un confronto nel gruppo socialista “per capire come evitare che si coaguli una maggioranza a destra per danneggiare temi sociali e ambientali”, e parallelamente una “discussione con altri gruppi per evitare una deriva a destra“.
Destra che, a prescindere dalla volontà del Ppe di cercare maggioranze al centro, ha assicurato il proprio supporto per prendere a picconate i due provvedimenti. Secondo i Conservatori e Riformisti (Ecr), il rinvio “è solo un primo passo”, perché “gli obblighi di rendicontazione nella forma attuale sono sproporzionati e dannosi per la competitività”. Per i Patrioti per l’Europa le aziende “vogliono una vera semplificazione, regole eque e meno burocrazia, e la fine delle normative ideologiche”. Il portavoce del gruppo sovranista, Alonso De Mendoza, ha ammiccato ai popolari: “Non ci interessano le etichette politiche, ci interessano i risultati. Lavoriamo insieme”, ha affermato.
A conti fatti, al Parlamento europeo esiste già una maggioranza a destra, la cosiddetta maggioranza Venezuela. Basta che i 188 deputati popolari votino compatti con i partiti più estremisti. “Il problema non è soltanto la destra, perché trova maggioranza se viene sostenuta dal partito popolare. Noi cercheremo di richiamare il Ppe all’impegno degli anni passati“, ha ammesso l’eurodeputato dei Verdi, Ignazio Marino. Il gruppo dei Verdi, seppur accusando la Commissione europea di “creare caos e incertezza per le imprese”, si è detto “aperto al dialogo e alla negoziazione con le forze democratiche”.