Bruxelles – Sostenibilità sì, ma senza tralasciare crescita economica e senza lasciare le imprese inascoltate. Sulla base di questo approccio l’Italia prova a rivedere le regole Ue, attraverso “un meccanismo di aggiustamento per il carbonio alle frontiere (Cbam) più efficace per un’industria europea competitiva e decarbonizzata“. Questa la richiesta contenuta nel documento di lavoro (non-paper) che il governo di Roma ha presentato assieme a Francia e Slovacchia oggi (27 marzo) al consiglio Ambiente. “Il Cbam è attualmente nella sua fase di transizione e il regime definitivo entrerà in vigore nel 2026″, viene lamentato dalle tre delegazioni..” È quindi essenziale che gli aspetti chiave del regolamento vengano affrontati tempestivamente”.
In primo luogo, per i tre Paesi è necessario “affrontare gli oneri amministrativi associati alla attuazione del Cbam” perché “la complessità di questo sistema può comportare ritardi e un aumento significativo dei costi di gestione e operativi per le aziende europee”. Dunque, “è necessaria una semplificazione del quadro normativo per fornire agli operatori norme tecniche chiaramente definite e semplificate”. In particolare, “basare il Cbam su valori di emissione predefiniti per i settori a monte (fornitori di materiali, ndr) e a valle (utilizzatori del prodotto, ndr) potrebbe semplificare notevolmente i requisiti di segnalazione” e, inoltre, “dovrebbe essere presa in considerazione un’esenzione per i piccoli importatori”.
In secondo luogo, per Roma, Parigi e Bratislava va affrontata “la fuga di carbonio a valle” estendendo l’ambito del regolamento Cbam “ai settori a valle e ai prodotti a rischio di fuga di carbonio entro la fine del periodo di transizione” mentre, “per quanto riguarda l’inclusione di prodotti complessi a rischio di fuga di carbonio, come alcuni prodotti finali altamente lavorati, potrebbe essere necessario prendere in considerazione un metodo semplificato per il calcolo delle emissioni incorporate”.
Terzo elemento: affrontare la fuga di carbonio nelle esportazioni. “Il regolamento Cbam – evidenziano i tre firmatari del documento – rischia di rappresentare uno svantaggio non compensato per i prodotti europei coperti dall’Ue Ets ed esportati nei mercati dei Paesi terzi. In questa fase, il Cbam non prevede alcuna misura per prevenire il rischio di fuga di carbonio dalle esportazioni” e “prevede una valutazione ex post del rischio di fuga di carbonio da esportare ogni due anni dalla fine del periodo di transizione (la prima analisi da effettuare entro la fine del 2027), se necessario accompagnata da una proposta legislativa della Commissione europea”, continuano. Secondo i tre Paesi, questo approccio ex-post potrebbe rappresentare un “grave rischio industriale per l’Ue”, mentre effettuare la valutazione “prima della fine del periodo di transizione” farebbe valutare e prevenire tale rischio.
Infine, il documento propone di estendere il Cbam alle emissioni indirette solo se non compromette la decarbonizzazione e la competitività dei settori elettrointensivi e di valutare l’impatto del Cbam sulla competitività dell’industria dell’Ue. “La Commissione è tenuta a presentare una relazione entro il 2028 sull’impatto del Cbam, in particolare sulla fuga di carbonio verso le esportazioni, la riorganizzazione delle risorse e una valutazione dell’applicazione complessiva del regolamento. Tale relazione dovrebbe essere anticipata alla fine del periodo di transizione”, precisa il documento. “Dovrebbe proporre, se necessario, misure appropriate e proporzionate per prevenire le fughe di carbonio a sostegno delle industrie esportatrici, mantenendo, tra le altre misure, quote Ets gratuite mirate per le esportazioni per garantire parità di condizioni”, conclude il testo.