Bruxelles – Mancati trattamento e corretta gestione della acque reflue urbane, per l’Italia arriva la maxi-multa europea: a carico del Paese obbligo di pagamento forfettario di 10 milioni di euro più una penalità di 13,7 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nel mettersi in regola. La multa semestrale non avrà valore retroattivo, partirà da adesso, momento del pronunciamento, e si applicherà in automatico fino a quando non sarà soddisfatta la sentenza emessa già il 10 aprile 2014 sullo stesso tema e per la stessa ragione.
La condanna della Corte di giustizia è il punto di arrivo di un storia ultra-decennale. L’Italia non ha saputo fin qui rispettare gli obblighi derivanti dalla direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane. Una situazione di irregolarità accertata nel 2014, e mai sanata nonostante il tempo concesso per porre rimedio. La Commissione europea ha deferito nuovamente l’Italia l’1 giugno 2023 proprio perché la pazienza a Bruxelles si era esaurita, e il pronunciamento di oggi (27 marzo) è il risultato di questo nuovo richiamo al rispetto delle regole.
I progressi registrati non sono sufficienti. Permangono ancora ritardi e assenza di gestione adeguata negli agglomerati urbani di Castellammare del Golfo, Cinisi e Terrasini (Sicilia) e Courmayeur (Valle d’Aosta). I giudici di Lussemburgo sottolineano che l’assenza di trattamento delle acque reflue urbane “costituisce un danno all’ambiente e deve essere considerata come particolarmente grave“. Certo, tale danno risulta “diminuito grazie alla riduzione significativa del numero di agglomerati” non a norma, passato dai 41 contestati nel 2014 a quattro. Tuttavia, sostiene la Corte di giustizia dell’Ue, “un pregiudizio all’ambiente, seppur minore, persiste, tanto più grave se si considera che i quattro agglomerati non conformi scaricano le loro acque reflue in aree sensibili”.