Bruxelles – L’Unione europea dev’essere pronta per sopravvivere alle prossime crisi. Di qualunque tipo esse siano, in qualunque luogo possano colpire. È questo, in estrema sintesi, il senso della Strategia sulla preparazione con cui l’esecutivo comunitario mira ad “addestrare” gli Stati membri e le loro popolazioni a rispondere ordinatamente in diversi potenziali scenari di crisi, dalle guerre ai disastri naturali, in nome di un concetto quanto più olistico possibile di sicurezza.
La Preparedness Union Strategy presentata oggi (26 marzo) da Roxana Mînzatu, vicepresidente esecutiva della Commissione con delega, tra le altre cose, proprio alla Preparazione, e dalla commissaria alla Gestione delle crisi, Hadja Lahbib, è il tentativo dell’Ue di rendersi resiliente per qualunque tipo di crisi possa colpirla: guerre, pandemie, eventi climatici estremi, disastri naturali, cyberattacchi, operazioni di disinformazione, sabotaggi e azioni ibride di vario genere, solo per menzionarne alcuni. È il primo prodotto tangibile ad emergere dalla riunione del cosiddetto “Collegio della sicurezza” lanciato a inizio mese da Ursula von der Leyen.

Alla base della strategia – una serie di linee guida che costituisce di fatto un’elaborazione della relazione compilata lo scorso autunno dall’ex presidente finlandese Sauli Niinistö – la convinzione che l’approccio del Vecchio continente debba passare da reattivo a proattivo, poiché, a conti fatti, prevenire è meglio che curare. E la consapevolezza che, nel panorama complesso e volatile della sicurezza contemporanea, rischi e minacce sono ormai interconnessi. Insomma, una “polizza assicurativa” per l’Unione, come l’ha definita Mînzatu.
La visione della Commissione è guidata da tre princìpi: un approccio intersettoriale valido per tutte le tipologie di rischio (all-hazard approach), uno che coordini insieme tutti gli attori e le autorità competenti a qualunque livello di governo dal locale al comunitario (whole-of-government approach), e uno che faccia leva sull’azione solidale tra i vari segmenti della società: comunità cittadine, organizzazioni della società civile, imprese ed enti privati, parti sociali, comunità accademiche e scientifiche nonché autorità pubbliche (whole-of-society approach).
A livello organizzativo, la pietra miliare dell’intero piano è il coordinamento: quello tra i vari attori, i vari livelli e i vari pezzi del corpo sociale, ma anche quello tra Bruxelles e i Ventisette, come accaduto nella gestione della crisi pandemica o della guerra in Ucraina. Fermo restando che, come puntualizzato anche dal vicepresidente esecutivo della Commissione con delega alla Coesione, Raffaele Fitto, ogni Stato membro e ogni regione dell’Ue si trova ad “affrontare sfide e potenziali rischi molto diversi” (dalla minaccia russa a est alle conseguenze del cambiamento climatico nel bacino del Mediterraneo).

Concretamente, la strategia si articola attorno a sette capitoli principali, a loro volta suddivisi in varie azioni chiave. Nel complesso, il totale di azioni specifiche individuate dall’esecutivo Ue supera la sessantina. E tutte dovranno essere integrate in maniera orizzontale in ogni aspetto e fase della definizione delle politiche comunitarie, dalla progettazione all’implementazione.
C’è la tutela delle “funzioni sociali essenziali” (che comprende la protezione delle infrastrutture critiche e lo stoccaggio di materie e attrezzature critiche), la promozione della preparazione della popolazione (anche attraverso la formazione scolastica, per instillare nella cittadinanza una “cultura della resilienza“), il miglioramento del coordinamento nella risposta alle crisi, il rafforzamento tanto della cooperazione civile-militare quanto delle sinergie tra pubblico e privato, nonché di quella con i partner esterni (in primo luogo gli alleati Nato), e il potenziamento di capacità e strumenti di previsione e anticipazione (inclusi meccanismi di allerta precoce e una serie di valutazioni complessive periodiche dei rischi e delle minacce a livello europeo, la prima delle quali dovrebbe essere portata a termine entro la fine del 2026).
Tra le raccomandazioni che hanno raccolto più attenzione mediatica ci sono ad esempio quelle relative ad una sorta di “kit di sopravvivenza” – una serie di beni di prima necessità (dalle scorte di generi alimentari e di medicinali fino alle batterie e le radio a onde lunghe) con cui ciascun cittadino dovrebbe essere in grado di sopravvivere “per almeno 72 ore” in caso di crisi – così come quelle relative alla costruzione di rifugi antiaerei in cui proteggersi da eventuali attacchi, entrambe ispirate a misure analoghe discusse recentemente in diversi Paesi nordici e non solo.
Today, the EU launches its new #Preparedness Strategy.
“Ready for anything” — this must be our new European way of life. Our motto and #hashtag. pic.twitter.com/fA1z8ZvMDA
— Hadja Lahbib (@hadjalahbib) March 26, 2025
Il Berlaymont mira a introdurre un nuovo centro di coordinamento per le crisi, sul modello del Centro di coordinamento della risposta alle emergenze (Ercc nell’acronimo inglese), mentre punta anche a rafforzare il meccanismo di protezione civile (Eucpm), lo strumento d’emergenza dell’Unione tramite cui vengono coordinati i soccorsi attraverso il continente sia dentro che fuori l’Ue. Mînzatu e Lahbib hanno comunque ribadito che “non si parte da zero”, ma che si tratterà soprattutto di dare coerenza a strumenti già esistenti, attivati in diversi momenti degli ultimi anni per rispondere a esigenze specifiche ma che possono complessivamente contribuire alla sicurezza dell’Unione in senso lato e olistico.
Più fumoso, infine, l’aspetto riguardante i finanziamenti. Fonti comunitarie hanno sottolineato che è prematuro parlare di cifre precise: se ne discuterà quando cominceranno i negoziati per il prossimo bilancio pluriennale 2028-2034, cioè non prima di luglio.
Non si sono fatte attendere le reazioni da parte delle forze politiche europee. I liberali di Renew – che avevano espressamente chiesto alla Commissione di redigere una “guida completa” sulla preparazione alle crisi e distribuirla alle famiglie dell’Unione – hanno salutato l’iniziativa comunitaria come un primo passo per aumentare la sicurezza dei cittadini e rafforzare la solidarietà tra Stati membri. Anche secondo i Popolari (Ppe), con la Strategia odierna l’Europa si dota della “lungimiranza strategica necessaria” a navigare questa difficile fase storica.
Critiche aspre, invece, sono arrivate dalle fila dei pentastellati. La delegazione del M5s all’Eurocamera punta il dito contro quello che bolla come “puro terrorismo psicologico” da parte di una “Commissione guerrafondaia“. Un piano che, sostengono gli eletti a cinque stelle, “rischia di alimentare una spirale di violenza e paura che deve invece terminare”.