Bruxelles – L’influenza aviaria come il nuovo COVID-19? Uno scenario che si vuole escludere, ma certamente la Commissione europea si inquieta. La versione mutata del virus H5N1 che negli Stati Uniti è già passata dagli animali all’uomo attiva l’esecutivo comunitario e le agenzie di sicurezza preposte. “La Commissione si prepara alla minaccia rappresentata dai virus H5N1 in circolazione nei mammiferi”, riconosce il commmisario per la Salute, Oliver Varhelyi, nella risposta all’interrogazione parlamentare in cui si chiede come l’Ue intenda reagire al rischio di nuove pandemia.
Innanzitutto una premesse che per Varhelyi è d’obbligo, e cioè che allo stato attuale il virus dell’influenza aviaria in circolazione negli Stati Uniti “non è stato rilevato negli esseri umani o nei bovini nell’Ue“. Non per questo si rimane tranquilli. Al contrario, il team von der Leyen ha chiesto all’Autorità per la sicurezza alimentare (Efsa) al Laboratorio di riferimento dell’Unione europea (Eurl, ossia l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie), di “valutare il rischio di infezione delle mucche da latte nell’Ue con il virus in circolazione negli Stati Uniti per esplorare azioni negli animali”.
Ai due organismi è stato inoltre chiesto, assieme al Centro di controllo e prevenzione delle malattie (Ecdc), di monitorare da vicino la situazione da un punto di vista epidemiologico, e quindi di contagi, e di evoluzione della malattia, dunque le mutazioni e le varianti.
Se l’Unione europea si attiva, altrettanto e ancor più devono fare gli Stati. Varhelyi ricorda che ai sensi del programma dell’Ue per la sorveglianza dell’influenza aviaria lascia alle autorità nazionali il compito di effettuare la sorveglianza sui mammiferi selvatici o di allevamento quando la situazione epidemiologica indica che potrebbero costituire un rischio per la salute degli animali e degli esseri umani. L’Ue tutta, dunque, inizia a prepararsi ad un peggio che si vuole evitare, per non ripetere crisi come quella del 2015 o l’ondata del 2021.