Bruxelles – L’altra faccia delle strette securitarie, dalle deportazioni negli Stati Uniti di Trump ai sanguinosi accordi europei con Paesi di transito delle maggiori rotte migratorie. Fino alle violenze ai confini tra Pakistan, Afghanistan e Iran. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Iom), il 2024 è stato l’anno più fatale di sempre per le persone migranti, con almeno 8.938 vittime sulle rotte migratorie in tutto il mondo.
Un bilancio che conferma il drammatico trend degli ultimi cinque anni, con il numero di morti in aumento costante, e che supera il precedente record del 2023, quando il Missing Migrants Project dell’Iom aveva registrato 8.747 vittime tra le persone migranti. Per altro, come sottolinea il rapporto dell’organizzazione delle Nazioni Unite, il numero effettivo di morti e scomparsi “è probabilmente molto più alto“, a causa della scarsità di fonti ufficiali e delle difficoltà a reperire informazioni certe in alcuni Paesi.
“La tragedia del crescente numero di morti tra i migranti in tutto il mondo è inaccettabile e prevenibile. Dietro ogni numero c’è un essere umano”, ha sottolineato la vicedirettrice generale dell’Iom per le operazioni, Ugochi Daniels. Il 2024 è stato l’anno più mortale per le persone migranti nella maggior parte delle regioni del mondo: in Asia sono state registrate 2.778 vittime, in Africa 2.242, sul continente europeo – in particolare nei Balcani occidentali, sulle Alpi tra l’Italia e la Francia e nel canale della Manica – 233. Il Mar Mediterraneo, dove negli ultimi dieci anni sono annegate oltre 30 mila persone, anche nel 2024 è divenuto il cimitero di 2.452 persone migranti. Meno dei 3.155 decessi registrati nel 2023, ma più dei due anni precedenti. Nei primi tre mesi del 2025, nel tentativo di attraversare il Mediterraneo sarebbero morte già 365 persone.

“L’aumento delle morti in così tante regioni del mondo dimostra che abbiamo bisogno di una risposta internazionale e olistica che possa prevenire ulteriori tragiche perdite di vite umane”, ha aggiunto ancora Daniels. I dati definitivi non sono ancora disponibili per il continente americano, ma nel 2024 sono stati registrati almeno 1.233 decessi. Tra cui un numero senza precedenti nei Caraibi, dove hanno perso la vita 341 persone, e almeno 174 vittime nell’attraversamento della giungla nel Darién, regione tra Colombia e Panama che da qualche anno è una tappa obbligata per le centinaia di migliaia di migranti che provano a raggiungere via terra gli Stati Uniti.
C’è un altra verità agghiacciante che emerge dal rapporto annuale dell’Iom: in tutto il mondo, le persone migranti muoiono soprattutto perché vengono uccise. Dal 2022, almeno il 10 per cento di tutte le morti di persone migranti registrate è avvenuto a causa di violenze. Secondo i dati del Missing Migrants Project, nel 2024 questo è dovuto in gran parte alle uccisioni sulla rotta che dall’Asia meridionale e sud-orientale transita per il Pakistan, l’Afghanistan, l’Iran, fino alla Turchia, dove hanno perso la vita quasi 600 persone. Ma le violenze arbitrarie contro le persone migranti aumentano anche sul continente africano, in particolare in quei Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo – Tunisia e Libia – da cui migliaia di migranti subsahariani cercano di salpare verso le coste italiane, greche e maltesi.

Nel corso del 2024, diverse testate internazionali, organizzazioni non governative e persino il Mediatore europeo e la Corte dei Conti Ue hanno messo in luce il rischio che queste violenze e uccisioni vengano perpetrate anche con il supporto degli ingenti fondi europei che la Commissione mette a disposizione delle forze di sicurezza tunisine e libiche per bloccare i flussi di persone migranti.
Scorrendo gli incidenti registrati nel rapporto dell’Iom, si possono contare le vittime fino a pochi giorni fa. Ci sono 70 dispersi nelle acque tra la Mauritania, il Marocco e le isole spagnole delle Canarie, lo scorso 12 marzo. Ci sono i corpi di 58 persone migranti scoperti il 7 febbraio in due fosse comuni in Libia, nel deserto del Sahara, nel distretto di Al Kufrah. E altri migliaia di numeri che non forse non diventeranno mai nomi. Se “l’aumento delle morti è di per sé terribile, il fatto che migliaia di persone rimangano non identificate ogni anno è ancora più tragico”, ha commentato Julia Black, coordinatrice dell’Missing Migrants Project.