Bruxelles – La dura realtà dell’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri: più equilibrista tra le diverse sensibilità dei Paesi membri che vero decisore politico. Se ne sta accorgendo, a sue spese, Kaja Kallas, la cui prima iniziativa – un piano di supporto militare da 40 miliardi per l’Ucraina – sembra essere nata morta. Viste le resistenze di diverse capitali, nel merito e nel metodo, il capo della diplomazia Ue è stata costretta a ridimensionare l’impegno: “Il piano realistico è fornire munizioni per un importo di 5 miliardi”, ha dichiarato al suo arrivo al vertice Ue questa mattina (20 marzo).
Sui 40 miliardi di euro richiesti ai ministri degli Esteri per una vasta gamma di capacità militari, “ci sono problemi”, ha ammesso. L’iniziativa di Kallas è stata discussa – e modificata – già due volte dalle capitali. Una prima versione presentata a febbraio prevedeva che gli Stati membri fornissero 20 miliardi di euro di aiuti militari urgenti all’Ucraina, con quote di partecipazione basate sul reddito nazionale lordo. Proposta rispedita al mittente a causa delle resistenze di alcune tra le maggiori economie del blocco, in primis Italia, Francia e Spagna. Nella seconda bozza, il criterio di ripartizione è stato modificato per renderlo meno sfavorevole ai grandi paesi e l’accento è stato posto sulla volontarietà dei contributi. Ma Kallas ha raddoppiato l’importo totale per tenere conto della possibilità di un totale disimpegno degli Stati Uniti dall’Ucraina.
“Abbiamo proposto il criterio del Reddito nazionale lordo che tiene conto dell’economia del paese. Allo stesso tempo, sappiamo anche che ci sono davvero preoccupazioni per i deficit di bilancio nella maggior parte dei Paesi europei“, ha spiegato Kallas ai cronisti. Fine della storia, perché “se non siamo in grado di decidere adesso per tutto l’anno che verrà, decidiamo sul breve termine, che è l’imminente necessità” di munizioni per l’Ucraina. Il piano “realistico”, quello su cui “in realtà stiamo lavorando”, è quello di 5 miliardi per le munizioni.
Il problema però non è solo nella sostanza e nei termini del meccanismo di coordinamento degli sforzi bilaterali che ha immaginato Kallas, che fonti diplomatiche definiscono “molto raffazzonato” e che il vicepremier italiano, Antonio Tajani, ha declassato questa mattina a “progetto accessorio“. La perplessità – se non proprio l’irritazione – delle cancellerie europee starebbe soprattutto nel metodo: una fonte ha spiegato che la liberale estone si comporta ancora come se fosse il primo ministro della piccola Repubblica baltica, senza prestare grande attenzione ai delicati equilibri e alle diverse sensibilità dei 27 in politica estera. L’iniziativa per l’Ucraina ne è l’esempio: Kallas l’ha presentata in sostanza come una proposta da adottare, senza prima cercare un accordo con i corpi diplomatici dei Paesi membri. E a rimetterci, alla fine, è l’unità europea che Bruxelles cerca in tutti i modi di non sfilacciare.
In ogni caso, “c’è la voglia da parte di molti Paesi di capire bene di cosa si tratta”, ha affermato ancora Tajani dal summit del Partito popolare europeo in vista del vertice dei leader. Nell’ultima versione delle conclusioni del Consiglio europeo, che i capi di stato e di governo approveranno oggi, il riferimento al piano di Kallas è rimasto tra “le iniziative volte a rafforzare il sostegno militare dell’Ue all’Ucraina”. Ricordando che si tratta di un coordinamento per “un maggiore sostegno da parte degli Stati membri e di altri Stati partecipanti, su base volontaria, in particolare per quanto riguarda l’artiglieria di grosso calibro, le munizioni e i missili”.