Bruxelles – L’Ue fa un passo in più per difendersi dalle interferenze straniere. Con il suo terzo rapporto annuale sulle minacce di manipolazione e disinformazione provenienti da attori esterni, il Servizio di azione esterna disegna (letteralmente) una mappa delle reti di operazioni maligne messe in piedi da Russia e Cina, gettando luce sulla galassia ancora oscura dei pericoli per le democrazie europee.
Non è certo una novità che sull’Unione incombano minacce ibride di ogni tipo. Le operazioni di interferenza e manipolazione dell’informazione messe in atto da attori esteri (Fimi nell’acronimo inglese) stanno finendo sempre più al centro dell’attenzione, soprattutto in questi tempi di confronto sempre più frontale con la Russia di Vladimir Putin che utilizza metodi economici ma efficaci per destabilizzare gli avversari.
La terza relazione annuale in materia del Servizio europeo di azione esterna (Seae), pubblicata oggi (19 marzo), fa un po’ di chiarezza sul funzionamento delle operazioni Fimi nel Vecchio continente. Il Seae ha creato una “matrice di esposizione“, uno strumento analitico cui ricorrere per contrastare i tentativi di interferenza e manipolazione perpetrati nello spazio informativo dell’Unione e svelarne “l’architettura digitale complessa e multilivello“.
Indagando sull’interazione tra le reti di media online (occulti e non) e i canali preferiti dagli attori maligni, la matrice ha rivelato la vasta infrastruttura utilizzata da Mosca e Pechino per le loro attività Fimi, in cui canali ufficiali e media di proprietà statale sono solo la punta dell’iceberg. Questi interagiscono infatti con un’ampia rete di canali legati o affiliati ad attori statali in maniera meno evidente, rendendo più subdole le loro operazioni e più difficile la loro individuazione. Le operazioni russe e cinesi come Doppelganger, False Façade, Paperwall o Portal Kombat, sostiene il report, sono diverse tra loro ma talvolta interagiscono per indebolire le democrazie occidentali.

La relazione ha esaminato 505 “incidenti Fimi” occorsi nel 2024 su circa 38mila canali in una novantina di Paesi nel mondo, che hanno coinvolto 322 organizzazioni. Circa la metà degli attacchi hanno avuto come obiettivo l’Ucraina, ma altri bersagli sono stati Francia, Germania, Moldova e diversi Stati dell’Africa subsahariana.
Tra i principali target delle operazioni ci sono stati i processi elettorali (ad esempio, 42 tentativi registrati solo durante le europee dello scorso giugno). Le piattaforme social sono il luogo preferito per lanciare queste campagne (da solo, X ne ha ospitato l’88 per cento), mentre “le principali tattiche, tecniche e procedure hanno incluso reti di bot e comportamenti non autentici coordinati, nonché l’impersonificazione e la creazione di siti web di notizie non autentiche“.
Intervenendo ad una conferenza sul tema, l’Alta rappresentante Kaja Kallas ha sottolineato che “se la disinformazione è un proiettile che colpisce al cuore la democrazia, le operazioni Fimi sono la pistola e l’intero arsenale” nelle mani degli attori che vogliono minare le fondamenta delle società europee, avvelenando il dibattito pubblico e impedendo ai cittadini “di fidasi di ciò che vedono o sentono”.
Le operazioni Fimi, ha ammonito, non sono “un problema di comunicazione” bensì una minaccia strategica a pieno titolo: “Il nostro spazio informativo non è niente meno che un campo di battaglia geopolitico“, ha detto, “e in questo momento noi stiamo perdendo la guerra“. L’Ue investe in questa dimensione della sua sicurezza infinitamente meno di quanto non facciano Russia e Cina, ha ribadito, ma ci sono dei segnali positivi.

Il capo della diplomazia a dodici stelle ha elencato alcune azioni che l’Ue sta già compiendo per contrastare le operazioni maligne degli attori stranieri: esporre le reti utilizzate per condurre le campagne Fimi, poiché questo aumenta i costi per chi le gestisce; aumentare la consapevolezza a livello di opinione pubblica (ad esempio attraverso database online come il sito EUvsDisinfo) nonché le capacità delle strutture statali e comunitarie di individuare le minacce e farvi fronte; e sanzionare gli attori colpevoli quando si riesce a identificarli.
Infine, conclude il rapporto del Seae, rimane essenziale per la resilienza delle comunità democratiche anche “l’instancabile lavoro delle organizzazioni della società civile, dei giornalisti indipendenti e dei fact-checkers per sostenere l’integrità dell’informazione e proteggere le libertà fondamentali in un contesto geopolitico sempre più impegnativo”.
I due precedenti report si erano focalizzati rispettivamente sulla definizione del quadro metodologico, per standardizzare l’approccio alle indagini sulle attività Fimi, e sui meccanismi collettivi di contrasto e risposta alle operazioni medesime.