Bruxelles – Una strategia in sei punti per “salvare il nostro acciaio”. Non solo nuove restrizioni all’import da Paesi terzi e lotta al commercio sleale, ma anche una maggiore spinta a tecnologie low-carbon e obiettivi più ambiziosi sul riciclaggio di rottami ferrosi. La Commissione europea ha presentato oggi (19 marzo) un piano d’azione per l’acciaio e i metalli, la cui produzione – una volta colonna portante dello stesso progetto europeo – è entrata in una profonda crisi. “Lo dobbiamo alla nostra storia”, ha dichiarato il vicepresidente esecutivo per l’industria, Stéphane Séjourné.
I dati sono impietosi. Secondo IndustriALL – Europe, la Federazione Europea dei sindacati dell’industria, dal 2009 l’industria siderurgica europea ha perso quasi 100 mila occupati. La produzione di acciaio dell’Ue è in calo costante da anni: da 160 milioni di tonnellate nel 2017 giù fino a 126 milioni di tonnellate nel 2023. Senza un’industria pesante che funziona, i vari piani della Commissione europea per il rilancio dell’automotive, quello di riarmo e lo stesso Clean Industrial Deal rischiano di rimanere parole al vento.
“Dobbiamo aiutare i nostri produttori di acciaio che stanno affrontando forti venti contrari sul mercato globale”, ha insistito la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Il piano d’azione presentato da Séjourné ipotizza alcune soluzioni “a breve e medio termine”, frutto – almeno in parte – del Dialogo sull’acciaio che l’esecutivo Ue ha portato avanti con le associazioni industriali e tutte le parti interessate. “Dalla lotta al commercio sleale alla chiusura delle scappatoie nel meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera, fino al riconoscimento del valore strategico e ambientale dei rottami di acciaio, il piano d’azione identifica aree cruciali per il nostro settore“, ha riconosciuto Henrik Adam, presidente dell’Associazione europea della siderurgia (Eurofer). Che però ha indicato “l’elefante che rimane nella stanza”: gli elevati prezzi dell’energia.

I costi energetici rappresentano una fetta rilevantissima dei costi di produzione per i metalli e l’acciaio, più che per altri settori. Già prima della crisi energetica, questa quota ammontava a circa il 17 per cento per il settore siderurgico, e il 40 per cento per l’alluminio. Durante la crisi energetica del 2022, i costi energetici hanno toccato l’80 per cento dei costi totali di produzione. Anche oggi, le bollette energetiche delle industrie europee sono tre volte più alte di quelle dei concorrenti oltreoceano.
La Commissione europea ha individuato nell’idrogeno la possibile chiave per offrire un’alternativa all’elettrificazione diretta, “non sempre possibile o conveniente”. In sostanza, come già annunciato con il Clean Industrial Deal, Bruxelles presenterà un atto delegato con regole “il più possibile flessibili” per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, in modo da innescare una “fornitura abbondante e conveniente di idrogeno rinnovabile e a basse emissioni di carbonio“. Includendo ad esempio quello prodotto dal nucleare.
Di più proverà a fare l’esecutivo Ue per proteggere l’industria europea da pratiche di concorrenza sleale. Un’industria che deve già fare i conti con i dazi del 25 per cento all’importazione di acciaio e alluminio introdotti da Donald Trump, che secondo la Commissione europea “non solo avrà un impatto negativo sui produttori dell’Ue limitando l’accesso al mercato statunitense”, ma “aumenterà anche la pressione delle esportazioni precedentemente destinate agli Stati Uniti, che potrebbero essere reindirizzate verso l’Ue”. il piano prevede l’adozione, entro la fine dell’anno, di una nuova clausola di salvaguardia a lungo termine che sostituirà quella in vigore in scadenza a giugno 2026. Una clausola che impone un tetto massimo alle importazioni di laminati a caldo da una serie di Paesi rispetto alla domanda totale dell’Ue.
C’è poi l’intenzione, ampiamente preventivata nei mesi scorsi, di proporre entro la fine dell’anno una revisione del meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (Cbam), per evitare che le industrie extra-europee facciano “greenwashing dei loro metalli” per apparire a basse emissioni di carbonio pur continuando a fare affidamento su fonti energetiche ad alte emissioni. “Faremo il possibile per proporre regole compatibili con quelle dell’organizzazione mondiale del commercio”, ha garantito Séjourné.
Su un binario parallelo deve correre la promozione del riciclaggio, “fondamentale per ridurre le emissioni e il consumo di energia nell’industria dei metalli”. Secondo le stime della Commissione europea, il riciclaggio può far risparmiare “rispettivamente fino al 95 per cento e all’80 per cento dell’energia necessaria per la produzione primaria di alluminio e acciaio”. Oltre a ridurre la dipendenza dell’industria dell’Ue dalle importazioni di materie prime. Bruxelles “intende” fissare obiettivi per l’acciaio e l’alluminio riciclati nei settori chiave e valutare se altri prodotti, come i materiali da costruzione e l’elettronica, debbano avere requisiti di riciclaggio o contenuto riciclato. Inoltre, la Commissione prenderà in considerazione misure commerciali per invertire la tendenza di crescita record di esportazioni di rottami metallici, un input “vitale per l’acciaio decarbonizzato”.
Una serie di ong europee, tra cui il Climate Action Network Europe, lo European Environmental Bureau e il Wwf European Policy Office, hanno pubblicato una dichiarazione in cui denunciano la mancanza di “parametri di riferimento, obiettivi e azioni concrete necessari” nel piano della Commissione europea. Il settore siderurgico europeo “richiede una strategia coraggiosa e rivoluzionaria per eliminare gradualmente la produzione inquinante a base di combustibili fossili, accelerare l’adozione di ambiziosi obiettivi di contenuto riciclato e garantire una transizione giusta per i lavoratori”, sostengono le organizzazioni della società civile.