Bruxelles – Al Bundestag si è appena riscritta la storia. Non solo quella nazionale, ma probabilmente quella europea. Il Parlamento tedesco ha approvato un mastodontico pacchetto finanziario proposto dal prossimo cancelliere federale, il leader della Cdu Friedrich Merz, per risollevare l’economia nazionale asfissiata da oltre due anni di recessione. Tra gli elementi principali del piano, una sorta di New deal in salsa berlinese, c’è anche la riforma del freno al debito per gli investimenti nella difesa, che spezza una tradizione di rigorismo nella gestione dei conti pubblici.
A meno di sorprese da parte della Corte costituzionale, si apre così una nuova fase politica nel Vecchio continente in cui la Germania potrebbe non essere più la paladina dell’austerity ma, al contrario, fare da apripista per gli ingenti investimenti (a debito) nel campo della difesa che i Ventisette dovranno intraprendere nei prossimi anni.
Il voto al Bundestag
Il Bundestag, la camera bassa del legislativo di Berlino, si è espresso oggi (18 marzo) sull’intero pacchetto messo sul tavolo a inizio marzo da Friedrich Merz, il capo dei cristiano-democratici e cancelliere federale in pectore, per riportare in carreggiata l’economia tedesca, in recessione da oltre due anni. Le componenti principali del suo piano shock sono due: un fondo speciale da 500 miliardi di euro, per coprire gli investimenti industriali e infrastrutturali che il Paese dovrà sostenere nei prossimi anni, e la riforma del limite costituzionale all’indebitamento.

Alla fine, il voto si è chiuso con 513 favorevoli e 207 contrari: a sostenerlo, come da previsioni, sono stati i partiti dell’Union (Cdu/Csu) e i socialdemocratici dell’Spd – che comporranno il prossimo esecutivo federale – più i Verdi (Bündnis 90/Die Grünen). L’appoggio degli ecologisti è stato fondamentale per superare la soglia dei due terzi (489 voti sui 733 totali) necessaria per riformare la Costituzione. L’approvazione del Bundestag apre ora la strada all’esame del provvedimento da parte del Bundesrat, la camera alta che rappresenta gli Stati federati, dove un voto positivo è atteso venerdì (21 marzo).
Merz e i suoi alleati avevano spinto perché il pacchetto fosse votato dalla legislatura uscente anziché da quella emersa dalle elezioni anticipate di febbraio, che si insedierà il prossimo 25 marzo. Qui, le due forze agli estremi dell’arco parlamentare avranno una minoranza di blocco di 216 deputati su 630: l’ultradestra di Alternative für Deutschland (AfD) è contraria alla rimodulazione del freno al debito, mentre la sinistra radicale di Die Linke si oppone all’aumento delle spese militari.
Ma anche oggi in Aula non sono mancati attacchi verso Merz e i suoi alleati. Christian Dürr, capogruppo dei liberali dell’Fdp, ha accusato il capo della Cdu di aver messo insieme una “coalizione del debito“, infrangendo tutte le promesse fatte in campagna elettorale. La co-leader di AfD, Alice Weidel, ha denunciato la peggiore “frode elettorale” della storia repubblicana in complicità con i “perdenti” delle urne (socialdemocratici ed ecologisti), bypassando di fatto il verdetto degli elettori.
„Die Annahme dieses Schuldenpakets wird vor allem nachfolgenden Generationen enorm auf die Füße fallen. Das ist die übelste Wählertäuschung, die die Bundesrepublik Deutschland in ihrer Geschichte erlebt hat.“ #Schuldenbremse #Schuldenorgie #Merz pic.twitter.com/0FTU3mFTL7
— Alice Weidel (@Alice_Weidel) March 18, 2025
Nonostante i Grünen abbiano sostenuto il suo piano, la co-capogruppo Britta Hasselmann ha lamentato “il populismo e l’arroganza” dimostrati da Merz in campagna elettorale, durante la quale aveva attaccato duramente i progressisti proprio perché difendevano la necessità di maggiori investimenti finanziati a debito. Il co-capogruppo della Linke, Sören Pellmann, ha bollato come “inaccettabile” il riarmo e la militarizzazione della Germania.
Cambio di passo
Lo Schuldenbremse – letteralmente “freno al debito” – è il combinato disposto di una serie di emendamenti alla Legge fondamentale (la Carta fondamentale della Germania) introdotti nel 2009, che fissano un tetto dello 0,35 per cento del Pil al nuovo debito che il governo federale può assumere ogni anno. Non senza una certa ironia, ad introdurlo 16 anni fa era stata la stessa grande coalizione tra i cristiano-democratici e i socialisti che oggi l’ha messa in soffitta. Allora, alla sua guida c’era un’Angela Merkel al suo primo mandato, durante il quale era deflagrata la crisi del debito sovrano che sembrò sul punto di far crollare l’Eurozona.
Per la precisione, la riforma approvata oggi non allenta il freno per qualunque capitolo di spesa del bilancio nazionale, ma solo per le voci relative alla difesa (inclusa la difesa civile, i servizi di intelligence e la cybersecurity) che superino l’1 per cento del Pil. Contestualmente, i 16 Länder che compongono la Repubblica federale saranno autorizzati a spendere lo 0,35 per cento del loro prodotto interno, mentre attualmente non potrebbero sforare nemmeno di un centesimo. Nel complesso il valore del piano si dovrebbe pertanto aggirare intorno ai 1000 miliardi di euro.

Quello sancito dalla votazione odierna è senz’altro un cambiamento radicale delle posizioni rigoriste della Germania, tradizionalmente in prima linea tra i Paesi cosiddetti frugali, che apre la porta almeno potenzialmente ad una nuova fase di massiccio indebitamento delle cancellerie europee. Una vera e propria “svolta epocale” (Zeitenwende), come l’ha definita lo stesso Merz. La seconda dopo quella annunciata nel 2022 dal cancelliere socialdemocratico uscente Olaf Scholz, quando all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina aveva fatto approvare al Bundestag un fondo da 100 miliardi per il riarmo nazionale, anticipando di tre anni il ReArm Europe.
Oggi la Germania si libera dunque dalle sue stesse pastoie legali e si prepara a fare la parte del leone tra i Ventisette che, in base al piano di riarmo continentale targato Ursula von der Leyen, potranno investire fino a 650 miliardi in difesa senza curarsi dei vincoli del Patto di stabilità. Il leader della Cdu ha colto lo spirito del tempo che attraversa il Vecchio continente ed è pronto a cavalcarlo: “Per almeno un decennio abbiamo percepito un falso senso di sicurezza“, ha dichiarato in Aula, aggiungendo che quello compiuto oggi dai deputati “non può che essere il primo grande passo verso una nuova comunità europea della difesa“.
Occhio a Karlsruhe
Tutto questo, beninteso, a meno che la Corte costituzionale federale non abbia qualcosa da ridire. I giudici di Karlsruhe dovrebbero esaminare a stretto giro i ricorsi avanzati nelle scorse ore da diversi deputati dell’AfD e dell’Fdp, che non intendono lasciar passare a Merz quelli che denunciano come giochi di palazzo.
Le decisioni della Corte potrebbero gettare non pochi bastoni tra le ruote del prossimo governo ancora prima che entri in carica. Costringendolo ad esempio a ripresentare le sue proposte in un’Aula politicamente più balcanizzata, oppure addirittura dichiarando incostituzionali (in tutto o in parte) le misure che Union, Spd e Grünen hanno faticosamente concordato.

Non sarebbe la prima volta. Già nel novembre 2023 una sentenza di Karlsruhe aveva bloccato lo spostamento di alcuni fondi inutilizzati da uno strumento pensato originariamente per la lotta al Covid-19, aprendo così nel bilancio nazionale un buco da 60 miliardi. E acuendo gli scontri tra i litigiosi partner della coalizione semaforo, che sarebbe implosa di lì a un anno.