Bruxelles – Donald Trump e Vladimir Putin si sono sentiti al telefono e hanno trovato la quadra per un cessate il fuoco parziale in Ucraina. L’esito della chiamata è un accordo verbale su una sospensione di 30 giorni dei bombardamenti contro le infrastrutture energetiche e civili dei Paesi belligeranti, cui si aggiunge l’impegno ad avviare “immediatamente” i negoziati sulle fasi successive e a ristabilire le relazioni diplomatiche ed economiche tra Washington e Mosca. Ma ora serve l’ok anche da parte di Kiev.
È durato un paio d’ore l’attesissimo colloquio telefonico avvenuto oggi (18 marzo) tra Donald Trump e Vladimir Putin per sbloccare la delicata partita sulla tregua nella guerra d’Ucraina. Stando al comunicato ufficiale diffuso dall’ambasciata Usa in Russia, “entrambi i leader hanno concordato sulla necessità di porre fine a questo conflitto con una pace duratura” e sul fatto che “il movimento verso la pace inizierà con un cessate il fuoco per l’energia e le infrastrutture, nonché con negoziati tecnici sull’attuazione di un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero, un cessate il fuoco completo e una pace permanente”.
Il Cremlino ha fatto anche sapere che domani avverrà uno scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina, che dovrebbe coinvolgere 175 detenuti da ciascuna parte. Oltre a ciò, come “segno di buona volontà” i russi consegneranno anche 23 soldati ucraini gravemente feriti attualmente in cura nelle cliniche della Federazione.

Le trattative “inizieranno immediatamente in Medio Oriente”, si legge nella nota (attribuita alla portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt), dove si sottolinea che altri temi da approfondire sono “la necessità di fermare la proliferazione delle armi strategiche” e la necessità che “l’Iran non sia mai in grado di distruggere Israele“.
La scelta della cornice mediorientale come sede per le trattative è dunque tutt’altro che casuale, come reso evidente dai vari round negoziali tenutisi in Arabia Saudita. Del resto, lo stesso Steve Witkoff – su cui il tycoon newyorkese sembra puntare come una sorta di super-negoziatore, e che ha preparato il terreno per la telefonata odierna incontrando di persona il capo del Cremlino la settimana scorsa – è ufficialmente l’inviato speciale della Casa Bianca per il Medio Oriente.
Trump e Putin hanno inoltre “sottolineato la necessità di migliorare le relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Russia“, convenendo circa gli “enormi vantaggi” che questo porterà a entrambi i Paesi (inclusi, conclude il comunicato, “enormi accordi economici e stabilità geopolitica una volta raggiunta la pace” nell’ex repubblica sovietica).
Tuttavia, come notato da Ursula von der Leyen durante una visita a Copenaghen, pare proprio che i termini su cui l’amministrazione Usa si è accordata (separatamente) con le controparti ucraina e russa non siano gli stessi. A Gedda, la scorsa settimana, il team negoziale di Kiev aveva dato il disco verde ad una proposta per un cessate il fuoco di 30 giorni che avrebbe dovuto coprire anche i combattimenti terrestri e marittimi oltre ai bombardamenti aerei (peraltro tutti i bombardamenti, non solo quelli sulle infrastrutture critiche).

Resta quindi da vedere come deciderà di muoversi Volodymyr Zelensky di fronte alla controproposta di Mosca, che annacqua sostanzialmente quella da lui concordata con i partner statunitensi. Fermo restando che era stato lo stesso Putin, non più tardi di giovedì scorso, a porre una serie di onerose condizioni per accettare un accordo di tregua, sostenendo che quello proposto dagli Stati Uniti fosse troppo favorevole all’Ucraina.
Da Berlino, nel frattempo, sono arrivate le reazioni di Olaf Scholz ed Emmanuel Macron, che hanno commentato gli ultimi sviluppi durante una conferenza stampa congiunta. L’intesa tra Trump e Putin è “un buon inizio” secondo il cancelliere tedesco uscente, per il quale “il prossimo passo dev’essere un cessate il fuoco completo il prima possibile“. Il presidente francese ha sottolineato che la pace “non può essere raggiunta senza che l’Ucraina prenda parte ai negoziati“.
Quella di oggi è stata la seconda telefonata tra i due presidenti, dopo quella dello scorso 12 febbraio che aveva preso in contropiede le diplomazie di mezzo mondo e soprattutto quelle degli alleati occidentali di Washington, inclusa la stessa Ucraina che si era vista bypassare dalle due superpotenze e temeva di restare tagliata fuori dal tavolo delle trattative.