Bruxelles – Si moltiplicano gli appelli per salvare Radio Free Europe, storica voce dell’informazione negli ex Paesi sovietici, dopo la decisione di Donald Trump di smantellare l’agenzia governativa (Usagm) che la sosteneva. La Repubblica Ceca – che dal 1995 ospita a Praga il quartier generale del network attivo in 23 Paesi tra Europa dell’est, Asia e Medio Oriente – ha chiesto all’Ue di assumersi l’onere di tenere in piedi Radio Free Europe. L’Alta rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Kaja Kallas, ha confermato che i Paesi membri “spingono” per trovare le risorse, ma che “non sarà facile”.
Finanziata dal Congresso americano, la radio fondata nel 1950 per fare breccia nel blocco comunista durante la guerra fredda, Radio Free Europe/Radio Liberty dà oggi lavoro a oltre 1.700 persone e raggiunge 47 milioni di ascoltatori ogni settimana. A seguito di un decreto emesso da Trump venerdì 14 marzo, i suoi dipendenti – così come quelli di Radio Free Asia e Voice of America – hanno appreso che dovranno restituire il loro tesserino e il loro materiale in vista di un ritiro dei finanziamenti da parte dell’amministrazione americana.
“Mettendo fine alle attività dell’Usagm e dei suoi media, l’amministrazione Trump sta inviando un segnale disastroso: i regimi autoritari come Pechino e Mosca hanno ora le mani libere per imporre la loro propaganda senza ostacoli”, ha dichiarato l’organizzazione per la libertà di stampa Reporters sans frontières. Per sostenere Radio Free Europe, il ministro degli Esteri ceco ha indicato ieri (17 marzo) ai suoi omologhi a Bruxelles la cifra di 120 milioni di euro. “Per l’Europa nel suo insieme, è un importo raggiungibile, ma per la sola Repubblica Ceca è chiaramente al di là delle nostre capacità”, ha dichiarato il ministro, Jan Lipavský.

L’appello partito da Praga è stato appoggiato immediatamente dai tre baltici, ma anche – secondo quanto riportato dalla stessa Radio Free Europe – da Polonia e Germania. “Radio Free Europe e Voice of America hanno svolto un ruolo cruciale negli sforzi della Lituania per ottenere l’indipendenza” dall’Urss nel 1990, ha ricordato il ministro degli Esteri lituano, Kęstutis Budrys, appoggiando “la strada” tracciata dal collega ceco. Anche il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, ha insistito sulla necessità di supportare la stazione radiofonica che “suo padre” ascoltava durante la Guerra Fredda. “È così che abbiamo imparato le cose fondamentali sui nostri paesi, perché la propaganda comunista era strettamente controllata”, ha dichiarato a margine del Consiglio Ue Affari Esteri.
L’affezione a Radio Free Europe e la consapevolezza dell’importanza che ha rivestito e riveste ancora in alcune aree del mondo è decisamente più marcata in quei Paesi membri che hanno avuto esperienza diretta del controllo mediatico da parte dell’Unione sovietica. È sembrato ad esempio molto più cauto il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani: “Se ne è parlato, si può fare qualcosa”, ha dichiarato, mettendo in chiaro contemporaneamente che “la decisione di come spendere denaro pubblico è una questione interna americana“. Il vicepremier si è augurato che l’emittente radiofonica “possa continuare a dare notizie e informare realtà dove l’informazione è molto limitata”.
Il capo della diplomazia Ue, Kaja Kallas, ha parlato di una “spinta da parte dei ministri degli Esteri per discuterne e trovare la strada” per non spegnere Radio Free Europe, “un faro della democrazia”. Secondo Kallas, “non è automatico” che l’Ue possa colmare il vuoto lasciato dagli Stati Uniti “perché ci sono molte altre organizzazioni che ci stanno rivolgendo la stessa richiesta“. Ma la porta rimane aperta: “È compito nostro vedere cosa possiamo fare”, ha promesso.
La stessa stampa internazionale a Bruxelles ha spezzato una lancia in favore al possibile finanziamento Ue a Radio Free Europe. In un comunicato, l‘Associazione dei Corrispondenti Esteri (API-IPA) ha sottolineato che la lotta “contro la disinformazione e le narrazioni autoritarie” portate avanti “per oltre 75 anni” dai colleghi dell’emittente radiofonica, evidenziando che la decisione di Trump “rappresenta una grave battuta d’arresto” per il giornalismo indipendente e i principi della libertà di stampa. “Speriamo che l’Ue trovi il modo di contribuire a mantenere gli inestimabili contributi e competenze che Radio Free Europe ha apportato al più ampio panorama dell’informazione europea e mondiale”, hanno concluso i corrispondenti di Bruxelles.