Bruxelles – Niente guerra commerciale. Nonostante da parte della Commissione europea ci sia la voglia di rispondere ai dazi Usa e non lasciare che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, agisca liberamente e impunemente, dall’Europarlamento arriva un suggerimento che indica esattamente la via opposta da seguire. Il centro studi dell’istituzione dice chiaramente che “l‘Europa dovrebbe evitare il protezionismo di reazione, poiché tariffe di ritorsione esacerberebbero la tensione economica anziché alleviarla“. Con una condotta intransigente, mette in guardia uno studio, l’Ue e ancor più la sua area dell’euro avrebbero molto da perdere.
Inflazione, aumenta per gli europei con i contro-dazi UE
Innanzitutto gli analisti vogliono chiarire un aspetto fondamentale, legato all’inflazione. I dazi statunitensi “non influiscono direttamente sui prezzi per i consumatori europei”. E’ vero il contrario, e cioè che le tariffe imposte da Washington influiscono sul prezzo che i consumatori statunitensi pagano per i beni importati dall’Europa. Le aziende europee vedranno una domanda ridotta dagli importatori statunitensi a causa di ciò e, “plausibilmente”, risponderanno cercando di riguadagnare la domanda abbassando i prezzi sia per i consumatori statunitensi che per quelli europei. Questo è l’effetto deflazionistico di una tariffa estera.
Il motivo per cui i dazi statunitensi potrebbero destare preoccupazioni in merito all’inflazione dell’area dell’euro è dovuto solo a due effetti indiretti dei dazi: il deprezzamento dell’euro e i dazi di ritorsione imposti dall’Ue sulle importazioni statunitensi. Ecco il motivo per cui la Commissione europea, che ha competenze in materia commerciale, dovrebbe astenersi dalla voglia di andare allo scontro. Anche perché mentre le esportazioni europee verso gli Stati Uniti potrebbero subire cali a causa di tariffe più elevate, il deprezzamento dell’euro può compensare parzialmente questi effetti migliorando la competitività nei mercati globali.
La Bce eviti di aumentare i tassi di interesse
L’analisi condotta dal centro studi e ricerche del Parlamento europeo contiene poi un suggerimento utile alla tenuta dell’eurozona che riguarda la Banca centrale europea. In questo scenario di incertezze, si sottolinea, “la flessibilità della politica monetaria rimane uno strumento cruciale per mitigare le pressioni restrittive delle tariffe statunitensi”. Attenzione quindi ad una risposta “mal calibrata”. In particolare, si spiega, “una posizione eccessivamente restrittiva da parte della Bce potrebbe amplificare il rallentamento economico anziché contrastarlo“.
Aumentare i tassi di interesse e quindi il costo di prestito del denaro, dunque, rischierebbe di stritolare l’economia, timore peraltro già nutrito dai tecnici della stessa Bce già ad agosto 2023, così come dai componenti dello scorso esecutivo comunitario. Quello che giunge dal Parlamento europeo non è altro c he un nuovo invito alla prudenza.
L’Ue può farcela, differenziazione commerciale una buona strategia
A ben vendere, in sostanza, un parte consistenze delle possibile ricadute negative del protezionismo americano deriva dalle risposte europee. Nel complesso, confidano gli analisti, “mentre la svolta degli Stati Uniti verso il protezionismo introduce nuovi rischi economici, il suo impatto sull’economia europea rimane gestibile se vengono adottate risposte politiche appropriate“.
In tal senso si considera che
una strategia incentrata sulla diversificazione commerciale, sugli incentivi all’innovazione e sulla flessibilità monetaria metterebbe meglio l’Europa in una posizione tale da assorbire le ricadute negative delle politiche commerciali statunitensi. Appaiono dunque appropriate le scelte compiute dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, di dare nuovo impulso al commercio e concludere prima gli accordi di libero scambio con i Paesi del Mercosur (Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay, Uruguay) e poi quello con il Messico. Così come sembrano appropriate le scelte di voler giungere ad un accordo commerciale con l’India entro fine anno e dare nuove impulso alla cooperazione col Sudafrica.Il vero problema dei dazi Usa è la Cina
Per l’Ue e la sua eurozona, in realtà, a ben vedere il principale rischio derivante dai dazi statunitensi è il ‘made in China’. Ciò che davvero rappresenta “una seria sfida” è la possibilità reale di un cosiddetto ‘secondo shock cinese’, una situazione in cui le esportazioni cinesi, reindirizzate dagli Stati Uniti a causa delle tariffe, inondano i mercati europei. E’ qui che l’Ue dovrà saper trovare una quadra, per respingere una concorrenza tutta nuova e molto più intensa “influenzando le principali industrie europee”.