Bruxelles – Ursula von der Leyen festeggia in anticipo i 100 giorni del suo secondo mandato alla guida dell’esecutivo comunitario. Con un’irrituale conferenza stampa domenicale, la timoniera del Berlaymont si è concessa un momento di autocelebrazione passando in rassegna quelli che considera i successi del suo (secondo) primo trimestre. E lanciando uno sguardo a quello che attende l’Unione nei mesi e anni a venire. Parola d’ordine: sicurezza. Tanto che sarà il nome di un nuovo “formato” del Collegio dei commissari, da convocare periodicamente.
Quasi in risposta al discorso fatto dal presidente statunitense Donald Trump ad una sessione congiunta del Congresso, Ursula von der Leyen ha imbastito ieri (9 marzo) una conferenza stampa per fare il punto dei primi 100 giorni di questo suo secondo mandato. Tecnicamente il traguardo lo taglierà martedì 11, ma domani si troverà a Strasburgo alla plenaria dell’Europarlamento e quindi ha deciso di anticipare, facendo aprire la sala stampa del Berlaymont per un’inusuale conferenza di domenica mattina.
Il mondo nuovo
Tuttavia, su questa sponda dell’Atlantico sembra esserci poco da festeggiare in questo momento storico. Il mondo cui il Vecchio continente era abituato è stato spazzato via nel giro di un mese e mezzo. Von der Leyen vuole proporsi come donna della provvidenza per traghettare l’Europa verso il suo risveglio strategico (Macron dixit). “Il mondo intorno a noi sta cambiando alla velocità della luce”, ha osservato, dal momento che “i cambiamenti geopolitici stanno scuotendo le alleanze” e che “certezze vecchie di decenni stanno crollando“.

“Ciò che è cambiato in questi 100 giorni è il nuovo senso di urgenza, perché è cambiato qualcosa di fondamentale“, ha dichiarato. Ha sostenuto che “i nostri valori europei – democrazia, libertà e Stato di diritto – sono minacciati” e che “la sovranità, ma anche gli impegni più solidi, sono messi in discussione” in questa nuova fase dove “tutto è diventato transazionale“. Riferimenti neanche troppo velati alla combattività della nuova amministrazione a stelle e strisce: agli assalti frontali del vicepresidente J.D. Vance contro gli alleati europei per dar loro lezioni di democrazia, alle mire imperialiste del suo boss sulla Groenlandia (ma anche su Canada e Panama), e alle continue minacce di Washington di disimpegnarsi dalla difesa del Vecchio continente.
Goodbye Uncle Sam?
Ma la presidente della Commissione è stata attenta a non criticare mai apertamente l’inquilino della Casa Bianca. Forse vuole evitare di commettere “l’errore” di Volodymyr Zelensky, punito con l’interruzione del sostegno alla resistenza ucraina per aver osato ribattere alle aggressioni verbali di Trump e Vance nello Studio ovale.
Von der Leyen continua a considerare gli Stati Uniti “un alleato” dell’Ue. “Di fronte alle avversità, gli Stati Uniti e l’Europa sono sempre stati più forti insieme”, ha osservato. “Sì, ci sono delle differenze” di approccio tra le due sponde dell’Atlantico. “Possiamo avere opinioni diverse su alcuni argomenti, ma se si guarda agli interessi comuni che abbiamo, questi superano sempre le nostre differenze”, ha ragionato, rimarcando l’importanza di “lavorare insieme” e “trovare strade comuni“. Insomma, niente de-risking con gli Usa, perché (a differenza della Cina) non sono un rivale sistemico ma pur sempre un partner strategico.

L’Ue deve fare “i compiti a casa”, ha spiegato, e assumersi una maggiore responsabilità per la propria difesa senza dipendere eccessivamente dallo zio Sam. E dunque i Ventisette devono armarsi di coraggio e cogliere “l’occasione che si presenta una volta nella generazione di costruire un’Europa più forte, più sicura e più prospera“. Teoricamente, questa dinamica dovrebbe portare a vantaggi reciproci: permetterebbe a Washington di spendere meno per la sicurezza del Vecchio continente (Trump lamenta da tempo l’asimmetria nella spesa per la difesa tra gli Alleati) e a Bruxelles di sviluppare una propria base militare-industriale.
Il Collegio sulla sicurezza
Ma per stare al passo coi tempi che cambiano, anche la Commissione muta pelle. Una delle uniche novità annunciate dal capo dell’esecutivo comunitario è l’introduzione di un nuovo format, il “Collegio sulla sicurezza“. A comporlo saranno gli stessi 27 commissari, che si riuniranno periodicamente – ancora non si sa con quale frequenza – per discutere di questioni relative alla “sicurezza collettiva” dell’Unione. In senso lato e multidimensionale: dal cyberspazio alla sicurezza energetica, passando per il commercio e la difesa militare vera e propria. “Dobbiamo passare a una mentalità di preparazione“, ha detto von der Leyen, per avere “una comprensione chiara e approfondita delle minacce” che incombono sull’Europa.
In questa formazione, i membri del Collegio lavoreranno sugli “aggiornamenti regolari” forniti dalle agenzie del Servizio di azione esterna (Seae), la Farnesina dell’Ue, sugli “sviluppi della sicurezza”. Tali debrief si focalizzeranno di volta in volta su aspetti diversi ed elaboreranno raccomandazioni specifiche per ciascun commissario in base alle sue competenze.
Apertura sugli eurobond?
L’altra novità di ieri riguarda il fondo ad hoc da 150 miliardi di euro che verrà creato dalla Commissione nel contesto del piano di riarmo continentale anticipato la scorsa settimana da von der Leyen, cui i leader dei Ventisette hanno dato il disco verde al vertice straordinario del 6 marzo. Anzitutto, il nome: si chiamerà Safe, acronimo inglese di “Azione di sicurezza per l’Europa” (un gioco di parole, perché “safe” è anche l’avverbio inglese che significa “sicuro”). Per ora, si sa solo che Safe funzionerà tramite prestiti anziché sovvenzioni a fondo perduto, proprio come il fondo Sure introdotto durante il Covid-19.
Quanto alle modalità tramite cui andranno reperite le risorse finanziarie, von der Leyen si è rifiutata di escludere l’emissione di nuovo debito comune. “Nulla è fuori discussione”, ha ripetuto più volte pressata dai cronisti che chiedevano se il Berlaymont stesse pensando a qualcosa come degli eurobond per la difesa, sulla scia di quanto fatto nel 2020 con il NextGeneration EU per la ripresa post-pandemica. Ma è ancora “troppo presto” per i dettagli, si è barcamenata la presidente, lanciando la palla in tribuna (“la decisione spetta agli Stati membri”).

Fino a poco tempo fa, von der Leyen era sembrata contraria all’idea di nuovi titoli di debito a 27, data anche la compattezza del fronte dei frugali. Ma lo storico cambio di passo di Berlino (il futuro cancelliere Friedrich Merz ha annunciato di voler riformare il freno al debito per consentire gli investimenti in difesa) ha cambiato tutto e ora la strada degli eurobond non pare più sbarrata a prescindere. Rimane ora da trovare la volontà politica tra le cancellerie.
Produrre in casa
Non è chiaro, invece, se sarà prevista una clausola “buy European” per incentivare l’acquisto di sistemi d’arma prodotti in Ue e limitare le importazioni dall’estero, come richiesto ad esempio da Parigi. Attualmente, il Vecchio continente compra circa l’80 per cento delle sue armi dall’estero, soprattutto quelle made in Usa. Secondo l’ultima relazione del Sipri, tra il 2020 e il 2024 i membri europei della Nato hanno acquistato il 64 per cento delle loro armi da Washington, aumentando sensibilmente la propria dipendenza dallo zio Sam (nel periodo 2015-2019 questa cifra si attestava al 52 per cento).
Una situazione scomoda, di questi tempi. “Abbiamo bisogno urgentemente di capacità e non le abbiamo qui“, certifica von der Leyen, che non ha nascosto di essere una fan della “preferenza europea” ma ha sottolineato che bisogna muoversi con cautela, seguendo un approccio “graduale” che coinvolga anche i partner europei che non fanno parte dell’Unione. “Dobbiamo pensare in modo intelligente a come farlo, ma deve essere un’iniziativa che porti alla ricerca, allo sviluppo e alla creazione di buoni posti di lavoro qui in Europa”, ha dichiarato, auspicando un ripensamento della base industriale continentale per promuovere una maggiore cooperazione transfrontaliera.