Bruxelles – Dalla semplificazione al futuro dell’automotive, la prossima plenaria dell’Eurocamera affronterà alcuni dei nodi centrali per la politica continentale. Sotto la lente d’ingrandimento soprattutto i piani dell’esecutivo comunitario sulla difesa e la sicurezza – incluso il sostegno all’Ucraina – e quelli sulla gestione dell’immigrazione irregolare.
Difesa europea
A tenere occupati i deputati, riuniti a Strasburgo dal 10 al 13 marzo prossimi, ci saranno prima di tutto gli ultimi sviluppi in materia di difesa e sicurezza, temi sempre più urgenti che stanno inequivocabilmente segnando la cifra di questa fase storica. Martedì mattina, il presidente del Consiglio europeo António Costa e il capo della Commissione Ursula von der Leyen discuteranno coi membri dell’emiciclo dei risultati ottenuti dai leader dei Ventisette nel summit straordinario di ieri (6 marzo).
Sul menù ci sarà dunque il piano in cinque punti annunciato pochi giorni fa da von der Leyen, Rearm Europe, che per ora è ancora in fase embrionale ma che ha ricevuto il via libera politico dai capi di Stato e di governo. Le posizioni dei gruppi della maggioranza sono sostanzialmente vicine: Popolari, Socialisti e liberali sostengono la necessità di rendere l’Ue indipendente nel campo della sicurezza, pur con alcuni distinguo.
Il Ppe spinge per arrivare ad una “difesa congiunta europea” e vuole fare del Vecchio continente “un bastione di sicurezza” globale, secondo il portavoce del gruppo, accogliendo con favore l’impianto del piano di von der Leyen. Sostanziale disco verde anche dai liberali di Renew, che della difesa europea hanno fatto da tempo una bandiera.

Pure i socialdemocratici sono d’accordo, per quanto – fa notare la portavoce S&D – non si può pensare di finanziare sforzi di tale portata solamente attraverso l’attivazione della clausola di salvaguardia del Patto di stabilità e crescita (Psc). Per Camilla Laureti (membro di quel Pd che è invece critico del piano di von der Leyen) andrebbe esteso il meccanismo di debito comune con cui la Commissione punta a raccogliere sui mercati internazionali 150 miliardi, invocando un “coraggio” come quello dimostrato durante la pandemia da Covid-19. Un “no” secco anche all’utilizzo dei fondi coesione per finanziare la difesa europea (in sintonia con quanto osservato ieri dalla premier Giorgia Meloni).
Più articolata la posizione dei Verdi (Greens/Efa), che insistono su un concetto olistico di sicurezza. Anche per gli ambientalisti va aperta la porta a investimenti congiunti e strumenti di debito comune. Ma sicurezza non significa solo armi, osserva il portavoce del gruppo: ci sono altre dimensioni, come quella sociale, quella energetica, quella di resilienza climatica. Ignazio Marino (Avs) sottolinea la necessità di pensare su scala continentale, evitando le duplicazioni implicate dall’avere 27 sistemi diversi anziché uno unico europeo.
Le destre dell’Aula sono su posizioni opposte. I Patrioti (PfE) sono scettici sull’accentramento a Bruxelles di poteri decisionali che, dicono, dovrebbero rimanere competenza squisitamente nazionale – la difesa rimane ancora oggi uno degli attributi più visibili della sovranità statale – e sono assolutamente contrari all’assunzione di ulteriore debito comune da parte dei Ventisette.

Discorso diverso lo fanno i Conservatori e riformisti (Ecr), che accolgono positivamente il piano di von der Leyen (ribattezzato dal meloniano Alberico Gambino un “piano per la difesa“, anziché “piano per il riarmo”) e ribadiscono la necessità di promuovere la capacità industriale europea, ma sempre rimanendo nell’ambito di un rafforzamento complessivo della Nato anziché di un suo superamento. Semmai, nota Gambino, è il momento di iniziare a comprare europeo per far respirare l’industria continentale, e di smetterla di comprare solo dagli Usa.
Fortemente critica, infine, la Sinistra (The Left). Il riarmo continentale promesso dall’esecutivo comunitario “beneficia unicamente i produttori di armi“, lamenta il portavoce del gruppo, che nota come a Bruxelles non si trovino mai fondi per le politiche sociali ma si tirino fuori dal capello centinaia di miliardi per la difesa. Un piano “folle”, secondo il pentastellato Danilo Della Valle.
Sull’eventualità che la Commissione ricorra ad una procedura accelerata (ex articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell’Ue) per partire con questo maxi-piano per la difesa il più velocemente possibile, i deputati sono generalmente scettici. Molto critica la Left, che accusa von der Leyen di voler “bypassare il Parlamento”, mentre Gambino ribadisce che “l’Aula è sovrana” e va sempre coinvolta. Secondo Marino è “molto grave che il potere esecutivo cancelli quello legislativo”.
Ucraina
Legato a doppio filo al tema della difesa c’è quello dell’Ucraina, in guerra da più di tre anni contro l’invasore russo. Sul sostegno a Kiev i deputati discuteranno in vari dibattiti della prossima sessione, e mercoledì voteranno una risoluzione che impegna l’Unione a mantenere saldo il supporto alla resistenza ucraina nel momento in cui stanno venendo a mancare gli aiuti di Washington.

Tutti i gruppi della maggioranza, così come i Verdi e l’Ecr, sono convinti della necessità di continuare a fornire all’ex repubblica sovietica l’aiuto di cui ha bisogno per far fronte alla pressione di Mosca, ivi incluso il ricorso agli extraprofitti generati dagli asset russi congelati. Da Renew arriva il suggerimento di dotare l’Ucraina di un sistema satellitare made in Europe capace di compensare un eventuale “spegnimento” di Starlink, la rete satellitare di Elon Musk, dopo che Donald Trump ha già interrotto la condivisione dell’intelligence con Kiev. I Verdi sottolineano i rischi di lasciare che la regola dell’unanimità renda l’Ue un ostaggio degli “apologeti del Cremlino”, come il primo ministro ungherese Viktor Orbán che si è sfilato dalle conclusioni del vertice di ieri.
Patrioti e Sinistra mantengono una maggiore ambiguità sul tema, accodandosi alle richieste di una pace “giusta e duratura” – qualunque cosa questa formula astratta possa significare in concreto – ma rimanendo più freddi sull’invio di materiale bellico a Kiev, per non parlare dell’opzione di spedire peace-keeper europei (anche se, va detto, questa idea spacca trasversalmente tutte le forze politiche). Per i nazionalisti di PfE, la priorità dev’essere la cessazione delle ostilità e l’Europa dovrebbe sostenere (anziché criticare) gli “sforzi diplomatici” dell’amministrazione a stelle e strisce, che sta in realtà negoziando con la Russia dietro le spalle degli ucraini e degli alleati occidentali.
Gli altri temi caldi
Ma a Strasburgo si parlerà anche d’altro. Martedì pomeriggio, la Commissione presenterà a Strasburgo la sua proposta legislativa sui rimpatri dei migranti irregolari, vale a dire sull’espulsione dal territorio dell’Unione delle persone che si sono viste rifiutare la protezione internazionale e dunque lo status di rifugiato. Le norme che verranno proposte dall’esecutivo comunitario non dovrebbero contenere riferimenti ai controversi “centri di rimpatrio” extra-Ue, un tema particolarmente delicato giuridicamente ed estremamente caldo sul versante politico.
Dal Ppe si insiste sulla necessità di un giro di vite sull’immigrazione irregolare poiché, dice il portavoce, solo un quinto dei migranti la cui richiesta d’asilo non viene accettata lascia effettivamente l’Ue. Si tratta di un tradizionale cavallo di battaglia della destra radicale, che infatti è d’accordo: “L’immigrazione irregolare va affrontata con azioni concrete” è il messaggio dei Patrioti, che auspicano “una politica di rimpatri efficace“.
In Aula si discuterà inoltre del piano della Commissione per risollevare il comparto dell’automotive, in sofferenza in tutta Europa. I Popolari chiedono di non soffocare l’industria con un’eccessiva regolamentazione e lasciare che siano le case automobilistiche a decidere come raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni (che devono restare in piedi), una richiesta generalmente condivisa da tutti i gruppi parlamentari a destra del centro.

Per l’Ecr, il piano di Bruxelles è solo un inizio ma manca di ambizione, perché non libera le forze produttive del settore dalle pastoie burocratiche in cui le ha costrette negli ultimi anni. Dai Patrioti si chiede infine di sospendere “l’attacco ai produttori di auto” e di rimuovere le sanzioni nei loro confronti, nonché di assicurare l’approvvigionamento di risorse strategiche senza legarsi mani e piedi alla Cina.
Previsto anche un dibattito sul primo pacchetto Omnibus, con il quale la Commissione intende iniziare a semplificare alcuni ambiti regolatori per favorire la competitività europea. Il Ppe è favorevole a ridurre la complessità normativa per venire incontro alle aziende. D’accordo anche l’Ecr, secondo cui l’eccesso di regolamentazione mina la crescita e una delle priorità è riesaminare la regolamentazione esistente prima di introdurne di nuova. Critica la Sinistra, per cui il pacchetto Omnibus nasconde in realtà un’agenda “anti-lavoratori” che beneficia solo le imprese, proteggendo i ricchi a suon di deregulation e danneggiando al contempo anche l’ambiente.