Bruxelles – Ucraina nell’Ue subito, o quanto prima. Anzi, no. L’Unione europea è decisa a dare sostegno a Kiev e mostrare in modo tangibile vicinanza al Paese aggredito dalla Russia, e l’adesione è considerata come uno di questi modi. Sul come fare, però, l’Ue continua a essere divisa e il tema è destinato ad accalorare i dibattiti tra leader nei due vertici di marzo, entrambi con l’Ucraina al centro delle discussioni. Almeno sei Stati membri vorrebbero accelerare il negoziato per l’allargamento, gli altri frenano, con la presidenza polacca del Consiglio che non intende premere sull’acceleratore.
“I Paesi nordici e baltici vorrebbero che si aprissero quanto più cluster negoziali possibili, preferibilmente tutti“, scandisce la ministra per gli Affari europei della Svezia, Jessica Rosencrantz, in occasione della riunione del consiglio Affari generali, dedicato alla preparazione al summit dei capi di Stato e di governo del 20 marzo. In sostanza Danimarca, Finlandia, Svezia, Estonia, Lettonia e Lituania vorrebbero che l’Ue non solo tenesse fede a intenzioni e promesse di aprire il processo di adesione entro marzo, ma che anche accelerasse il processo che serve per portare a incorporare l’Ucraina all’interno dell’Ue. A loro si unirebbe anche la Polonia, in linea di principio favorevole alla proposta ma la situazione impone cautela.
Tra i leader che nutrono dubbi circa l’ingresso dell’Ucraina in Europa c’è il primo ministro ungherese, Viktor Orban. Questi ha pubblicamente sollevata la questione delle frontiere, non chiare per via di territori occupati e contesi, che rende impraticabile l’adesione. Su questo la linea dell’Ue non cambia: “L’Unione europea riconosce l’Ucraina nei confini precedenti alla guerra del 2014“, scandisce ancora Szlapka. Vuol dire Donbass e soprattutto Crimea. Una posizione che si inserisce nel processo di pace a cui vuole lavorare il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e la stessa Unione europea. Che sull’Ucraina continua ad avere tentennamenti.