Bruxelles – Google ha agito con pratiche di mercato abusive nei confronti di Enel X, impedendo ingiustamente di l’interoperabilità quando avrebbe potuto garantirla. Un abuso di posizione dominante, secondo la Corte di giustizia dell’Ue, chiamata a pronunciarsi su un contenzioso nato in Italia e finito a Lussemburgo.
Nel 2018 Enel ha lanciato in Italia l’applicazione ‘JuicePass’, che consente ai conducenti di localizzare e prenotare stazioni di ricarica per i loro veicoli elettrici. Per permettere una facile individuazione dei punti di ricarica, Enel X , (che gestisce oltre il 60 per cento delle stazioni di ricarica disponibili per gli autoveicoli elettrici in
Italia e fornisce servizi per tale ricarica) ha chiesto a Google di rendere l’applicazione compatibile con Android Auto, il sistema di Google che consente di accedere, direttamente sullo schermo di bordo delle automobili, ad applicazioni presenti su smartphone. Google ha rifiutato, negando a JuicePass l’interoperabilità con Android Auto.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato italiana (Agcm) ha inflitto a Google una multa di oltre 102 milioni di euro, ritenendo che tale comportamento costituisse un abuso di posizione dominante. La Corte adesso conferma che un rifiuto come quello di Google può configurarsi come comportamento contrario alle regole di concorrenza. L’abuso di posizione dominante “non è limitato” al caso in cui si impedisce a un’altra impresa di fare impresa e svolgere la sua propria attività, ma “può esistere anche quando, come sembra avvenire nel caso di specie, l’impresa in posizione dominante non ha sviluppato la piattaforma per le sole esigenze della propria attività, ma nella prospettiva di consentire il suo utilizzo da parte di imprese terze”. Quando cioè le piattaforme sono aperte, e per loro natura disponibili a più soggetti diversi.
I giudici di Lussemburgo riconoscono che a determinate condizioni Google potrebbe impedire l’interoperabilità di Enel X, ma solo per ragioni di sicurezza legate all’inesistenza di un modello per la categoria delle applicazioni che servono, ma non è questo il caso. Vuol dire quindi che l’impresa in posizione dominante, e dunque in questo caso Google, “è tenuta a sviluppare tale modello entro un termine ragionevole e a fronte, eventualmente, di un corrispettivo economico adeguato”.