Bruxelles – Passaggio di consegne alla guida del Comitato delle Regioni (CdR). E già la nuova presidente Kata Tüttő, socialista ungherese, mette in chiaro la posizione delle autorità locali confermando la linea del suo predecessore: no alla centralizzazione della politica di coesione, sì ad una maggiore flessibilità nella gestione dei generosi fondi europei.
La staffetta tra la legislatura uscente e quella appena inaugurata al CdR, svoltasi stamattina (20 febbraio) durante la plenaria ospitata nell’emiciclo dell’Eurocamera a Bruxelles, è tutta in casa socialdemocratica. Fuori Vasco Alves Cordeiro, ex presidente delle Azzorre che ha guidato l’istituzione dal 2022, e dentro Kata Tüttő, ex vicesindaca e attualmente consigliera comunale di Budapest.
Tüttő si alternerà col suo vice, il popolare Moreno Bonilla (presidente dell’Andalusia), a metà mandato per dirigere l’istituzione che rappresenta i territori e le autonomie locali dell’Ue da qui al 2030. L’accordo raggiunto tra Popolari del Ppe e Socialisti del Pse segue il solco della tradizione al CdR, dove i due gruppi più grandi si spartiscono i due mandati da due anni e mezzo al timone del Comitato.
Centralizzazione vs flessibilità
“La politica di coesione è lo strumento di stabilizzazione più importante dell’Europa, a livello economico, sociale e territoriale”, ha dichiarato la nuova presidente in Aula, aggiungendo che tale strumento “deve essere calibrato e ricalibrato continuamente“. Il suo appello è dunque quello per una maggiore “flessibilità” della politica regionale (che impegna circa un terzo del bilancio comunitario).
In altre parole: decentralizzazione. La coesione, ha spiegato Tüttő, “non può essere eccessivamente centralizzata o controllata, perché in tal caso diventa rigida, e quando diventa rigida non riesce a raggiungere il suo scopo, che è quello di aiutarci a gestire questa trasformazione” epocale che il Vecchio continente sta attraversando, tra minacce geostrategiche, sconvolgimenti economici e transizioni verdi e digitali.

Il riferimento, ancora una volta, è alla presunta intenzione della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, di rivoluzionare radicalmente il prossimo bilancio pluriennale per il periodo 2028-2034 (Qfp nell’acronimo italiano, Mff in quello inglese). Indiscrezioni giornalistiche – mai ufficialmente smentite dal Berlaymont – parlano di una ristrutturazione del budget Ue sul modello Recovery fund: non più una pletora di programmi europei, bensì 27 piani nazionali gestiti a livello centrale dai governi degli Stati membri. Un’idea su cui gli enti locali hanno già lanciato il loro altolà.
Tüttő ha rincarato la dose anche in conferenza stampa, fresca di elezione. La paventata centralizzazione “ha una sua utilità”, ha concesso. Ma “porta rigidità, mentre quando c’è la necessità di adattarsi a tanti cambiamenti veloci come quelli che stiamo vivendo è necessario essere flessibili“, ha ribadito, assicurando che con il CdR (ma anche con “tutti gli altri sindaci e politici locali” non rappresentati al Comitato) “daremo battaglia” ad ogni mossa accentratrice.
Il ruolo dei territori (e di Fitto)
“Vogliamo migliorare queste politiche perché vogliamo garantire la sicurezza dei nostri cittadini“, ha continuato, sottolineando che “non si può modificare la politica di coesione senza comprendere le nostre realtà”, senza ascoltare la diretta emanazione della voce delle comunità europee. “Non si possono trascurare i territori“, ha ripetuto, avvertendo che se si trascurano le realtà locali “il processo decisionale europeo perde il suo legame” con i cittadini.
Un monito non solo a von der Leyen ma anche al suo vicepresidente esecutivo Raffaele Fitto, le cui deleghe alla Coesione e alle Riforme lo mettono in prima linea nell’ipotetica ristrutturazione della politica regionale post-2027. “Speriamo che Fitto abbia le orecchie aperte“, ha commentato, “come noi teniamo le braccia aperte” per collaborare con l’esecutivo comunitario. L’ex presidente della Regione Puglia parlerà alla plenaria del Comitato nel pomeriggio.

Da quando ha cominciato il suo nuovo incarico, il meloniano è sembrato aperto a collaborare con gli enti locali, evidenziando la loro centralità nella gestione dei fondi di coesione. Ma non si è ancora sbottonato sul come intende “aggiornare” questo importante capitolo di spesa, che pure, ha detto, va “corretto” semplificandolo, aumentandone la flessibilità e rafforzandone la governance. Poco più che una cortina di fumo per ora impenetrabile, che lascia tutti sul chi vive.
Fondi per la difesa?
Quanto all’ipotesi, circolata da tempo, di riorientare una parte dei fondi per la coesione verso il settore della difesa, Tüttő ha sottolineato che “la sicurezza ha molte dimensioni“. “Non solo il controllo delle frontiere”, ha detto, “ma anche la dimensione sociale, climatica, tecnologica“: tutti ambiti che devono rimanere “al centro del nostro pensiero” per “fornire case, aria pulita e trasporti accessibili ai cittadini” dell’Unione.
Un concetto di sicurezza olistico in cui rientra anche la tutela del Green deal, ha spiegato Tüttő (che si definisce “una femminista“, rimarcando l’importanza che una donna ricopra per la seconda volta il ruolo di presidente del CdR). E tra i cui pilastri spiccano la sicurezza energetica e “l’adattamento continuo” alle nuove realtà determinate dal cambiamento climatico, come sanno bene i due nuovi leader del Comitato, data la loro provenienza da regioni recentemente colpite da eventi meteorologici estremi.