Nelle crisi o si affonda o si accelera. O si va giù o si impara a nuotare. Dopo il Covid, la crisi economica, l’invasione dell’Ucraina, ecco che di fronte ai Ventisette si profila la crisi Trump. Come è sempre successo all’inizio c’è scompiglio, c’è chi prova a cavarsela da solo, chi tenta di autoproclamarsi leader pontiere, chi si acquatta e spera che la tempesta gli passi sopra e di cavarsela. Poi dopo qualche tempo, magari dopo l’ennesima umiliazione (come in questo caso è avvenuto a Monaco) ecco che si prova ad organizzare una resistenza.
Lo si è fatto nella lotta al Covid, lo si è fatto per affrontare la crisi economica che ne è derivata, lo si è fatto per sostenere l’Ucraina che, senza l’Unione dietro le spalle, probabilmente a questo punto sarebbe diventata territorio russo.
E lo si sta facendo per rispondere al ritiro di Trump dallo schieramento occidentale ed alle sue accuse, i suoi attacchi, le sue minacce. L’Unione sta capendo che in questa fase storica è sola, e da sola deve reagire, trovando magari nuovi alleati. Il Mondo intero si sta ridisegnando, non siamo solo noi Ventisette ad essere squadernati. LA Russia tratterà anche con Trump senza l’Europa, ma pagherà certamente un prezzo, come dovrà pagare anche il debito che ha contratto con la Cina. La quale Cina prima o poi si scontrerà direttamente con gli Usa, mentre il rapporto con l’Ue è tutto in divenire, tra attacchi e blandizie.
A Parigi si riuniranno oggi alcuni Paesi dell’Unione, a qualche ora dall’inizio della riunione sembra che siano otto, ma ci sarà anche la Gran Bretagna, oltre al vertice bicefalo dell’Unione, e il segretario generale della Nato. Non si è potuto organizzare un Consiglio europeo a ventisette, non c’era tempo e soprattutto c’era il rischio di fare un ennesimo buco nell’acqua, con posizioni differenti che avrebbero bloccato qualsiasi iniziativa.
L’obiettivo di Parigi è trovare un posizionamento dell’Unione nel quadro dell’evoluzione che appare esserci nelle trattative di pace per la guerra russa in Ucraina, ma il senso è anche transatlantico, è anche capire come posizionarsi d’ora in poi nella politica estera mondiale.
Il tentativo è di andare avanti con chi c’è, con chi ci vuole stare, ricostruendo una struttura di politica estera che comprenda nuovamente uno storico alleato che sì, in politica estera ha avuto sempre un ruolo pesantissimo in Europa. Non è detto che questi otto troveranno un bilanciamento forte, l’Italia ad esempio ha fatto sapere chiaramente di avere dei dubbi su questo assetto, e potrebbe tirarsi indietro perché pensa forse di poter giocare una partita di singolare con gli Usa. Anche senza l’Italia, che non avrà mai il ruolo di pontiera tra Ue e Stati Uniti, perché non lo vogliono i Ventisette e perché neanche Trump sembra interessato ad usarla in questa chiave, il gruppo potrebbe andare avanti (sempre che in Germania non succeda il finimondo alle prossime elezioni).
I “se” sono tanti, è evidente, è una partita molto complessa e con mille sfaccettature. Ma è stata fatta una scelta, un gruppo si è creato, si è superata la questione del diritto di veto creando una “coalizione di chi ci sta”. E’ la fine dell’Unione? No, non è l’unico caso, importante, nel quale l’Unione non procede unita, non è stato così per l’euro, non è stato così per Schengen. Eppure l’euro è diventato una delle monete più forti del Mondo e l’Area Schengen offre il mercato più ricco del Mondo.